“Non ci sono scuse per gli abusi”. Re Carlo III in Kenya

Durante il suo primo viaggio in Kenya da sovrano d’Inghilterra Carlo III ha ricordato l’epoca del colonialismo, scusandosi per gli “abusi” subìti dai kenyoti

“Non ci sono scuse per gli abusi”. Re Carlo III in Kenya

Dal 31 ottobre al 3 novembre Re Carlo III e la regina Camilla hanno visitato il Kenya. Un tour ufficiale organizzato non solo per promuovere l’amicizia tra il Regno Unito e la nazione africana, ma anche per fare i conti con la Storia, in particolare con il passato coloniale del Kenya. Un compito difficile a cui Carlo III non si è sottratto, porgendo le sue scuse, seppur in modo indiretto, in un discorso che ha destato delle polemiche, ma rappresenta anche un nuovo tassello nelle costruzione del suo nuovo regno.

In Kenya da Re

Lo scorso 11 ottobre, annunciando il viaggio di Re Carlo III e della regina Camilla in Kenya, Buckingham Palace ha puntualizzato molto chiaramente i motivi di questa visita tanto attesa: “[Le Loro Maestà] riconosceranno gli aspetti dolorosi della storia condivisa di Regno Unito e Kenya” e “celebreranno le relazioni cordiali tra i due Paesi, la forte e dinamica partnership che continuano a forgiare”. L’aspetto culturale e quello umano del tour dovevano essere inscindibili: “Durante la visita Sua Maestà [Il Re] si prenderà del tempo per approfondire la sua conoscenza delle ingiustizie sofferte in questo periodo dal popolo del Kenya. Insieme le Loro Maestà visiteranno un nuovo museo dedicato alla storia del Kenya e deporranno una corona di fiori sulla Tomba del Milite Ignoto a Uhuru Gardens e visiteranno anche il sito della dichiarazione dell’indipendenza del Kenya nel 1963”.

Il tour di Carlo e Camilla, infatti, si è svolto in un momento particolarmente importante per la nazione africana, che il prossimo 12 dicembre celebrerà il 60esimo anniversario dell’indipendenza dal Regno Unito. Non potevano mancare, infine, i temi ambientalisti tanto cari al Re: “Il programma [di viaggio] delle Loro Maestà rifletterà i modi in cui il Kenya e il Regno Unito stanno lavorando insieme, soprattutto per rafforzare la reciproca prosperità, contrastare il cambiamento climatico, promuovere le opportunità per la gioventù e il lavoro, promuovere uno sviluppo sostenibile e creare una regione più stabile e sicura”.

Il discorso di Carlo III

Carlo e Camilla sono atterrati al Jomo Kenyatta International Airport di Nairobi lo scorso 31 ottobre, accolti dalla pioggia e da 21 salve di cannone. Nella capitale Le Loro Maestà erano attese dal presidente William Ruto e dalla moglie Rachel Ruto. Il fulcro del loro viaggio, però, era l’atteso discorso pronunciato dal sovrano al banchetto di Stato, che ha avuto luogo quella sera stessa nella State House di Nairobi. Di fronte a 350 ospiti e alla coppia presidenziale Re Carlo III ha espresso tutto il suo rammarico per le ingiustizie del colonialismo, dichiarando: “…Dobbiamo riconoscere i momenti più dolorosi delle nostre lunghe e complesse relazioni. I misfatti del passato sono causa di grandissimo dolore e di profondissimo rimpianto. Atti di violenza aberranti e ingiustificabili furono commessi ai danni dei kenyoti, che hanno combattuto…una battaglia dolorosa per l’indipendenza e la sovranità e per questo non possono esserci scuse. Ora che sono tornato in Kenya è di estrema importanza per me approfondire la mia consapevolezza di questi torti…Nessuno può cambiare il passato. Ma affrontando la nostra storia con onestà e schiettezza possiamo, forse, dimostrare la forza della nostra amicizia oggi…”. Carlo III ha anche pronunciato alcune frasi in swahili e il suo accento è stato definito, riporta il Daily Mail, “impeccabile”.

Il Kenya per la royal family

Nel suo discorso il sovrano ha voluto mettere in evidenza il “significato speciale” che il Kenya ha per la royal family, ricordando che per William e Kate è un vero e proprio posto del cuore: “È stato qui, di fronte al Monte Kenya, che mio figlio, il Principe di Galles, ha fatto la proposta di matrimonio a sua moglie, ora mia amata nuora”. Nell’ottobre 2010, infatti, il principe chiese a Kate di sposarlo durante un safari al Lewa Wildlife Conservancy. Il resto è storia. Il sovrano non può dimenticare che proprio in questa nazione la regina Elisabetta ricevette la notizia della morte del padre, Giorgio VI e della sua conseguente ascesa al trono. In generale, comunque, è l’Africa ad avere un posto importante nella storia dei Windsor. Nel suo memoir “Spare” il principe Harry ha raccontato il modo in cui questo continente ha curato, almeno in parte, il dolore per la perdita di Lady Diana. Non possiamo dimenticare, poi, che in Sudafrica, nel giorno del suo 21esimo compleanno, l’allora principessa Elisabetta pronunciò un discorso storico, uno dei più emblematici di tutta la sua vita. “Dichiaro davanti a voi tutti che tutta la mia vita, breve o lunga che sia, sarà dedicata al vostro servizio e al servizio della nostra grande famiglia imperiale a cui tutti apparteniamo”.

La Regina senza tiara

Tutti hanno notato che la regina Camilla ha preferito non indossare la tiara per il banchetto di Stato. Non si sarebbe trattato di una semplice scelta di stile. La sovrana avrebbe voluto evitare le polemiche di cui quasi sicuramente sarebbe stata bersaglio se avesse sfoggiato un simbolo della monarchia britannica, protagonista del periodo coloniale in Kenya. Un gioiello simile, che scintillava sul capo della Regina nello stesso momento in cui Carlo porgeva le sue scuse per l’occupazione inglese, sarebbe stato inadeguato. Contraddittorio, perfino. Il People ha scritto in merito: “Lasciando la tiara a casa, la Regina ha eliminato una potenziale protesta [sull’opportunità] di indossare un simbolo visivo della monarchia in una nazione precedentemente sotto il domino britannico e segnata…dalla ribellione Mau Mau…”.

Richiesta di scuse

Lo scopo del viaggio in Kenya di Carlo e Camilla, secondo attivisti per i dritti umani e molti kenyoti, doveva essere l’ammissione delle colpe del colonialismo e le conseguenti scuse espresse da Carlo in modo diretto. Tra i primi a domandare un sincero atto di pentimento vi è stata Evelyn Wanjugu Kimathi, figlia di uno dei leader della rivolta dei Mau Mau, che ha affermato: “Speriamo [che la visita di Carlo III] che porti a scuse di Stato”. Caroline Elkins, professore alla Harvard University, ha scritto sull’Observer: “Per prima cosa, Carlo III, dovresti smetterla di bloccarti su queste due parole, ‘Chiedo scusa’. Sputale fuori”. Non solo. Lo scorso ottobre gli attivisti per i diritti umani hanno chiesto a Carlo III “scuse senza condizioni e…risarcimenti” per le vittime del colonialismo. Il 29 ottobre 2023 il Kenya Human Rights Commission (KHRC) ha scritto una lettera aperta al Re, focalizzando l’attenzione sulla repressione britannica contro “i combattenti per la libertà in Kenya” durante la rivolta Mau Mau negli anni Cinquanta. Secondo la KHRC circa 90mila kenioti sarebbero stati torturati e uccisi durante la fase della ribellione. Il viaggio di Carlo, però, non sarebbe andato come molti speravano.

Ammissione senza pentimento?

Secondo il People Sua Maestà non si sarebbe davvero scusato nel suo discorso del 31 ottobre 2023. O, almeno, non lo avrebbe fatto nel modo in cui gli attivisti si aspettavano. “Non ha presentato scuse dirette a nome della Corona, come chiesto da alcuni contestatori e storici quando il tour è iniziato”, ha scritto il giornale. In effetti il sovrano non avrebbe chiesto ufficialmente perdono. Il suo discorso è stato un perfetto esempio di equilibrio diplomatico, in cui nessuna delle parti viene scontentata, diciamo così, ma nemmeno ne esce vittoriosa. Il passaggio emblematico sarebbe questo: “Atti di violenza…furono commessi ai danni dei kenyoti, che hanno combattuto…una battaglia dolorosa per l’indipendenza…e per questo non possono esserci scuse”.

In una frase Carlo avrebbe ricordato, quindi ammesso, una pagina drammatica della Storia del Kenya senza, però, esporsi e, soprattutto, senza far esporre la Corona. Un riconoscimento del passato a cui mancherebbe il pentimento espresso in maniera inequivocabile.

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