Da Pessoa a JK Rowlings: quando gli scrittori lavorano al tavolino del caffè

Un tempo erano gli scrittori, gli artisti e letterati a ritrovarsi per lavorare nelle caffetterie della grandi capitali. Oggi i punti di ritrovo, e non solo per gli intellettuali, sono i nuovi «internet bar».

Lipp e Les Deux Magots a Parigi, A Brasileira a Lisbona, il Caffè Greco a Roma, Caffè dei Fratelli Fiorio a Torino e Caffè Gambrinus a Napoli. Un tempo erano gli scrittori, gli artisti e letterati a ritrovarsi per lavorare nelle caffetterie della grandi capitali. Oggi i punti di ritrovo, e non solo per gli intellettuali, sono gli internet bar. Per effetto della crisi economica che ha costretto a tagliare costi e sedi, è qui, al tavolo, davanti ad una tazzina di caffè, muniti di lap top, infatti, che in molti hanno traslocato i propri «uffici». Una tendenza già forte in America, che sta prendendo piede anche in italia.
E se oggi al bar si fa business, un tempo si sono intrecciate discussioni filosofiche e artistiche, sono nati manifesti politici e letterari, sono stati organizzati complotti, tanto che «non si potrebbe scrivere una pagina di storia nè letteraria nè artistica dell'Ottocento senza citare il nome di un Caffè», diceva Piero Bargellini.
Andrè Gide o Andre Malraux, Antoine St Exupèry, Jean Genet, Balthus, Françoise Sagan, Jean Paul Sartre, Simone Signoret con Yves Montand e Albert Camus, erano accomunati dalla fedeltà alla Brasserie Lipp, storico locale in Boulevard Saint Germain, chiamato dai francesi «la succursale della Camera dei deputati».
L'autore della Recerche, Proust, si faceva portare i boccali di birra alsaziana del Lipp dall'altra parte della città. Dai tavolini della Brasserie (ora lussuoso ristorante) Hemingway scriveva i suoi dispacci pre-guerra. Dopo un periodo di crisi, la Brasserie Lipp è gradualmente tornata ai suoi splendori, a partire dal 1990, grazie alla famiglia Bertrand, che si impegna a continuare la tradizione, profondamente influenzata dalle sue radici dell'Auvergne.
Ma a Parigi c'è un altro luogo dove si possono ancora oggi incontrare artisti e letterati: è il Cafè Les Deux Magots, che ha sempre giocato un ruolo importante nella vita culturale della capitale francese. In origine era un negozio di tessuti che vendeva biancheria di seta, e che ha preso il nome Les Deux Magots Cina da due statuine di personaggi cinesi, tuttora esistenti. Frequentato da molti artisti famosi tra cui Elsa Triolet, Jean Giraudoux, Picasso, Fernand Lèger, Prèvert, solo per citarne alcuni, per primo ha accolto i surrealisti sotto l'egida di Andrè Breton.
Al Cafè A Brasileira a Lisbona, invece, è ancora possibile gustare il caffè con Fernando Pessoa. In questo locale, infatti, una statua bronzea del poeta siede al tavolino che l'autore delle Odi di Ricardo Reis occupava quotidianamente, in contemplazione del passeggio che si consuma, ancora oggi, sulle strade maiolicate del centro elegante di Lisbona.
Joanne Kathleen Rowling ha scritto un bel pezzo del primo romanzo della saga del maghetto Harry Potter a Edimburgo, nella caffetteria The Elephant House, dove ora un grande cartello annuncia al passante casuale il suo ruolo di «Casa natale di Harry Potter».
Alla fine del 19mo secolo, a Oslo, invece, il famoso drammaturgo Henrik Ibsen divenne un'attrazione turistica: ogni giorno, tra le 13,20 e le 14, e tra le 18 e le 19,30, poteva essere trovato presso il Cafè del Grand Hotel di Oslo. Per ben nove anni riposò e scrisse, seduto in una poltrona su cui c'era un cartellino: «Riservato Dr Ibsen».
Ma anche l'Italia è ricca di belle sale da thè e da caffè che hanno dato riparo a grandi artisti e intellettuali: allo storico Caffè dei Fratelli Fiorio di Torino, Friedrich Wilhelm Nietzsche scrisse Ecce homo. Ma il più famoso Caffè letterario è forse il Caffè Greco di via Condotti a Roma, poco lontano da piazza di Spagna. Ed è anche il più antico della Capitale: nasce ufficialmente nel 1760, quando in un documento appare il nome del suo proprietario «Nicola di Maddalena caffettiere, levantino» (e questo spiega perchè si chiama Greco). Ma forse già esisteva da alcuni anni: sarebbe infatti il «Caffè di strada Condotta» citato nel 1743 da Giacomo Casanova.
Nato grazie a un levantino, diventa famoso ad opera dei tedeschi, che cominciano a frequentarlo nel 1779. Wolfgang Goethe e i suoi amici Johann Wilhelm Tischbein, Karl Philipp Moritz e Jakob Wilhelm Heinse stanno sempre lì, al punto che Heinse propone di chiamarlo «Caffè Tedesco». E agli inizi dell'Ottocento è facile incontrarvi il principe Ludwig di Baviera e il gruppo di pittori da lui protetti, i Nazareni.


Col passare del tempo, la clientela diventa sempre più internazionale e sempre più variegata: qui si incontrano i personaggi più creativi e brillanti d'Europa, cosicchè è quasi impossibile ricordare i nomi di tutti i «grandi» che si sono seduti ai tavoli di questo Caffè.

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