Più di 5mila cardiologi per anticipare la Medicina del futuro

Ignazio Mormino

Questo povero cuore, forte e fragile, pronto a cedere ma anche a resistere, esaminato, studiato, temuto, sempre al centro dell’universo scientifico. 5.500 cardiologi partecipano in questi giorni (fino al 13 dicembre) al congresso della Società italiana di cardiologia. Molti sono italiani, più di 200 arrivano da altre nazioni. C’è anche il professor De Maria, presidente dell’American college of cardiology; e c’è Jean Pierre Bassand, ex presidente della Società europea di cardiologia. Presenze che rappresentano un omaggio alla cardiologia italiana.
Parliamo del congresso col suo coordinatore, il professore Massimo Volpe, cattedratico di medicina interna alla Sapienza di Roma, noto per i suoi studi sul sistema renina-angiotensina e sullo scompenso cardiaco. «È un appuntamento di grande importanza - dice - e lo dimostrano sia la vasta partecipazione dei cardiologi italiani, sia la presenza, come relatori, di qualificati cardiologi stranieri. La professoressa Maria Grazia Modena che presiede questo congresso può esserne fiera. Come coordinatore ho dovuto affrontare molti problemi logistici, abbiamo dovuto ricorrere a due alberghi, ma questo è solo un esempio».
I grandi nomi della cardiologia italiana (da Condorelli a Mancia, da Maseri a Neri Serneri e ci scusino gli altri) ci sono tutti e ciascuno interverrà come relatore più d’una volta (al professore Volpe, per esempio, sono stati affidati dieci argomenti). il volume che ospita gli interventi congressuali contiene millecento abstract. In una sessione pomeridiana sarà celebrato il lavoro dei nostri ricercatori che hanno pubblicato i loro studi nelle più importanti riviste straniere.
Massimo Volpe è orgoglioso di questi contributi. «La cardiologia - dice - s’è rivelata fondamentale e decisiva per allungare le aspettative di vita. La cardiologia italiana, in particolare, ha contribuito notevolmente al raggiungimento di questo traguardo. I principali studi che hanno svelato i meccanismi d’azione della malattia coronarica sono tutti italiani. Negli ultimi vent’anni il nostro prestigio ha avuto molte consacrazioni scientifiche».
Il congresso di Roma affronterà i temi che sono alla base della pratica cardiologica. Darà molto risalto alla cardiologia interventistica, giudicata in ascesa («abbiamo avuto risultati eccellenti - dice Volpe - dagli stent a rilascio controllato di farmaci»). Molti inoltre i simposi sul ruolo di pacemaker e defibrillatori nella terapia dello scompenso cardiaco; ed alla Tac delle coronarie.
Altri particolari meritano attenzione. Saranno degnamente commemorati i quarant’anni del primo trapianto di cuore eseguito in Italia (a Padova) e sarà ricordato il suo esecutore, Vincenzo Gallucci, un grande chirurgo che faceva di tutto per schivare le interviste (altri tempi!).

Ci saranno anche «corsi» riservati a coloro che intendono rispondere a speciali quesiti clinici. Cinquemilacinquecento specialisti sono tanti; ma ciascuno potrà scegliere gli argomenti che più lo interessano. Un «sistema» informatico evidenzierà le relazioni svolte accompagnate dai relativi dibattiti.

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