Pico, l'uomo delle meraviglie (e dei segreti)

Noto per le capacità prodigiose, incarna anche il lato oscuro del Rinascimento

Pico, l'uomo delle meraviglie (e dei segreti)
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Nome: Giovanni Pico della Mirandola. Nato il 24 febbraio 1463. Località: Mirandola. Aspetto fisico: alto, biondo, occhi grigi, naso e labbra sottili. Professione: filosofo e filologo. Segni particolari: sopra al giaciglio dove fu partorito si accese una fiamma a forma di cerchio. Procedimenti penali: detenuto per rapimento della amata (ma impegnata in altra relazione) Margherita de' Medici. Domicilio: Ferrara, Padova, Firenze. Morto il 17 novembre 1494, ufficialmente per cause naturali ma con fondato sospetto di avvelenamento. Pettegolezzi: eretico, mago, bisessuale. Amici importanti: Lorenzo il Magnifico, Angelo Poliziano, Marsilio Ficino, Girolamo Benivieni (forse anche qualcosa in più di un semplice amico). Doti leggendarie: sovrumane capacità mnemoniche e di calcolo matematico. Opere principali: le Conclusiones, 900 tesi sulla divinità e sulla religione, introdotte da una famosa orazione passata alla storia con il titolo apocrifo di De hominis dignitate; l'Heptaplus, commento alla Genesi; De ente et uno, tentativo di conciliare Platone e Aristotele.

Le precedenti informazioni sono tratte da Il giovane meraviglioso. Vita di Pico della Mirandola (Einaudi, pagg. 94, euro 14) di Raphael Ebgi. L'agile biografia è il distillato dei lavori imponenti di Ebgi sulle opere di Pico e di Ficino pubblicate in questi anni nella prestigiosa collana dei Millenni. Il libro coniuga attendibilità scientifica e stile piacevolmente divulgativo. Il massimo, dunque, per un lettore comune che voglia scoprire in poche ore: chi fosse davvero Pico, quale sia stato il suo ruolo nel periodo storico noto come Rinascimento, cosa abbiamo «dimenticato» di questo pensatore affascinante.

Dunque, cominciamo: chi era davvero Pico? Un tipo molto curioso ma anche molto sveglio nel mettere le mani sulle carte giuste, senza perdere troppo tempo. Aveva iniziato a studiare il diritto canonico, nei sogni della madre avrebbe dovuto fare una carriera nella curia vaticana, strada percorsa da molti intellettuali in cerca di stipendio fisso e posizione sociale, ad esempio, non molti anni dopo, Pietro Bembo diventerà segretario ai brevi. Alla morte della mamma, Giovanni decide di avere il diritto di andarsene da Bologna. E se ne va. Studia a Ferrara ed è facile immaginarlo davanti agli affreschi di Schifanoia, il lato oscuro del Rinascimento prossimo venturo, intriso di astrologia, esoterismo e magia, laddove quest'ultima non ha niente a che fare con le pozioni e gli incantesimi, è un modo di piegare la natura alla volontà umana. A Padova invece conosce la filosofia aristotelica di Averroè. Anche in questo ramo del sapere, Pico mostra un deciso interesse per le dottrine occulte, riservate agli «iniziati». Profonda è anche la conoscenza della cabala ebraica dove il numero è a fondamento della conoscenza divina. Sarebbe anacronistico considerare «antiscientifici» questi interessi. Nel Rinascimento, questo tipo di passione è proprio il prologo della moderna mentalità scientifica, come ampiamente dimostrato dagli studi di Eugenio Garin e di Paolo Rossi. D'altronde, il Rinascimento è meno luminoso e sereno di quanto si creda, e su questo punto si può leggere il recente La mente inquieta (Einaudi) di Massimo Cacciari.

Passiamo alla seconda delle nostre domande: quale è stato il ruolo di Pico nel Rinascimento? Sono necessarie due risposte distinte. Pico teorizza che le grandi religioni sono sostanzialmente monoteistiche e affondano le radici in un sapere comune alle diverse tradizioni. Per questo, meglio concentrarsi sugli elementi in comune, anche per disinnescare le tensioni e promuovere la pace. Il Papa Innocenzo VIII non prese benissimo le Conclusiones del filosofo e le condannò apertamente. Poi pensò di affidare Pico alle attenzioni dell'Inquisizione. Giovanni però la passa liscia. Un po' per fortuna: è in Francia quando la situazione sembra precipitare. Un po' per l'aiuto di un protettore con i fiocchi: Lorenzo il Magnifico.

La seconda risposta: l'orazione-introduzione delle Conclusiones viene in parte fraintesa dagli studiosi moderni, che ne fanno impropriamente il manifesto del Rinascimento: l'uomo al centro di tutto dispone del mondo grazie alla sua intelligenza. Non è proprio così, spiega Ebgi. Pico, rifacendosi al pensiero ebraico, teorizza piuttosto una libertà negativa, un luogo inviolabile della nostra coscienza, grazie al quale possiamo liquidare il destino e scegliere in quale direzione muoverci.

E veniamo all'ultima domanda, alla quale abbiamo parzialmente già risposto: cosa abbiamo dimenticato di Pico? Cosa è rimasto in ombra? Il sapere esoterico, un universo di simboli e di conoscenze «segrete» senza il quale è

letteralmente impossibile capire il Rinascimento e la sua iconografia. Due esempi sono proprio le famosissime opere che illustrano questa pagina. Ma basta fare un giro agli Uffizi per capire l'importanza di certe dottrine.

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