Pincio ostaggio del degrado

Accampamenti di senzatetto tra l’Accademia di Francia e la Casina Valadier. L’orologio ad acqua restaurato quattro anni fa, senza lancette. Il monumento ai fratelli Cairoli, nascosto sotto un telo di plastica, nel mezzo di un cantiere in ritardo di quasi un anno. L’ottocentesco Padiglione di Caccia, infestato dai topi, con le finestre sfondate e l’intonaco cadente. L’ingresso monumentale agli ascensori , ridotto a piccionaia. Vespasiani seppelliti da fango e foglie. E ancora: fontane a secco, panchine divelte, busti decapitati, mutilati e - è l’ultima tendenza dei vandali - «truccati» col pennarello. Il Pincio, il «salotto panoramico» della Capitale affonda in un degrado a volte generato - paradossalmente - dagli stessi lavori di restauro. Come nel caso del consolidamento del muro di contenimento a valle del monumento ai fratelli Cairoli. L’opera di Ercole Rosa è circondato da erbe infestanti, betoniere, cataste di casse di sampietrini, cumuli di rena, bagni chimici e mucchi di calcinacci. I lavori, iniziati il 27 settembre del 2005 avrebbero dovuto durare 180 giorni, ma la celebre scultura del 1883 è ancora coperta da un telo di plastica e il cantiere, dopo una sospensione di diverse settimane è ancora in piena attività. Il committente di questi lavori è il Comune di Roma, per l’esattezza, il Sesto dipartimento delle Politiche della Programmazione pianificazione del Territorio Roma Capitale e l’Ufficio per la Città storica, 6 U.O. L’intervento prevede una «perizia suppletiva per l’esecuzione di lavori urgenti di consolidamento di un ulteriore tratto del Muro di contenimento di viale d’Annunzio-Monumento ai Cairoli». Davanti al cantiere, alla sommità della scarpata che separa il muro di Villa Medici da viale Trinità dei Monti, c’è - seminascosto dalla vegetazione, c’è un piccolo accampamento di senzatetto: una baracca in cartone e una tenda da campeggio blu, dalla quale vediamo uscire una ragazza mora di carnagione scura, in jeans e maglione. Alle spalle della Casina Valadier, fresca di restauro, in piena decadenza è il Padiglione di caccia (1872-1874), in fondo a viale di Villa Medici. Le losanghe e i riquadri di cemento (a imitazione del legno di una «capanna svizzera») che mascherano la struttura di lamiera del serbatoio idrico (che doveva alimentare la zona della città intorno alla via Sistina, grazie alla nuova - per allora - condotta dell’Acqua Marcia) cadono a pezzi, mostrando le tubazioni. I vetri delle finestre sono sfondati. Attraverso i buchi degli infissi entrano ed escono i piccioni. Ma non solo. «Lassù, sopra il serbatoio, ci entrano anche i topi», dice uno degli extracomunitari del servizio noleggio biciclette che ha per base proprio il padiglione. I piccioni entrano, attraverso un oblò nella porta della cabina numero 1, anche nella struttura, del 1926, dei due ascensori che collegavano la passeggiata con la sottostante fermata del tram, su viale del Muro Torto. Davanti alla porta d’ingresso c’è uno strato di guano alto un palmo. Dietro il cancello rugginoso, pezzi di moquette e secchi sfondati coperti dagli escrementi degli uccelli. Di fronte, il celebre orologio ad acqua del padre domenicano Giovanni Battista Embriaco è senza lancette. L’idrocronometro (del 1876) è stato «restaurato» tra il 26 luglio e il 31 dicembre 2002, nell’ambito di lavori di manutenzione di edifici di ville storiche, per un importo di oltre 376mila euro. Ma dopo il restauro non ha mai funzionato e da un anno il meccanismo interno è nell’officina laboratorio della scuola di orologeria di Roma del Centro Elis in via Sandro Sandri, 81. «Il restauro ha riguardato l’esterno», spiega Luigi Mercatilli, l’orologiaio della scuola. «Era impossibile che funzionasse, perché all’interno mancavano degli ingranaggi del meccanismo. Sono stati asportati dei pezzi, che magari ora giacciono in qualche fondo di magazzino.

Impossibile ritrovarli, anche perché il laboratorio di orologeria del Comune è stato chiuso. Non avendo neanche i disegni originali, stiamo cercando di ricostruire i pezzi mancanti deducendo il funzionamento dell’orologio».

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