Sbarrata da manufatti di cemento, sepolta da strati di aghi di pino, seminascosta da erbe infestanti, disseminata di mucchi di rifiuti, calcinacci, pezzi di automobili, utilizzata come parcheggio. La pista ciclabile di viale Palmiro Togliatti è praticamente invisibile, pericolosa, progettata senza logica, in abbandono prima di essere completata. Un micidiale percorso a ostacoli. Un piccolo (otto chilometri) viale della desolazione. Eppure la pista, finanziata con 2 milioni dallassessorato alla Mobilità, doveva essere larteria verde del decantato «corridoio della mobilità», la rivoluzione (fallita) del trasporto pubblico nel quadrante sud-est della Capitale.
Lingresso all'altezza di via Romano Santi (via Papiria) è ostruito da un cassone in cemento rovesciato, con ancora incollato un manifesto di un incontro politico dello scorso giugno. Procedendo in direzione di via Casilina, allaltezza della fermata Atac Artioli e di via Carlo Fadda, le erbe infestanti cresciute ai lati della pista raggiungono i due metri di altezza e ostruiscono per metà il passaggio. Problematico percorrerla anche a piedi. Nessuna traccia, qui, dellimpegno e dellattenzione rivendicati da Veltroni «verso un sistema di mobilità alternativa alle quattro ruote». Il tappeto di aghi di pino è così spesso che nasconde la pista per intero e rende pericoloso percorrerla su due ruote.
Alla fine dello spartitraffico, la pista è bloccata da un altro cassone rovesciato e da un manifesto pubblicitario scollato. Al di là dello svincolo per linversione di marcia, inizia la parte più desolata. Dopo pochi metri pavimentati, la pista diventa una sorta di mulattiera sterrata, disseminata di blocchetti di tufo, mucchi di rifiuti, parti di automobili, cocci di bottiglia, birilli stradali, parafanghi di scooter incidentati, sellini di biciclette, taniche, radici. Laltro tratto che percorre lo spartitraffico fino a via Casilina è un percorso ad ostacoli.
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