Un po’ meno moda per crescere nei servizi

«Finché ci sarà Luciano alla presidenza di Benetton Group la famiglia difficilmente si disimpegnerà dal settore fashion», si mormora in quel di Ponzano Veneto. Occorre, tuttavia, ricordare che Gilberto, numero uno di Edizione, la scatola di controllo dell’impero, sa benissimo che la moda alla fine del 2010 con oltre 2 miliardi di fatturato rappresentava meno del 20% dei ricavi consolidati della holding.
Fatti due conti, vista la storica sottovalutazione del titolo in Borsa e, ascoltati i validi suggerimenti del trio di advisor Mediobanca-Unicredit-Intesa, ha optato per il delisting: si ricompra le minorities per poco più di 200 milioni (escludendo il 5,66% di azioni proprie) e poi chi vivrà vedrà. Senza la spada di Damocle della capitalizzazione di Borsa, stringere alleanze, partnership oppure trovare formule di valorizzazione alternative è più semplice. Alla fine del 2010 Edizione aveva 3 miliardi di liquidità e dunque l’impegno finanziario non è certo titanico.
Più complicato è stabilire a cosa preluda questa operazione-choc più per il mercato che per i protagonisti: uno dei simboli del «made in Italy» lascia Piazza Affari dopo 26 anni. Di sicuro i rapporti nei sancta sanctorum della finanza non ne escono minimamente intaccati. Anzi, la presenza di Mediobanca, nel cui patto siede Benetton, è garanzia di condivisione del percorso. Idem può dirsi per la presenza di Unicredit e di Intesa. D’altronde, fino a ieri Benetton valeva 700 milioni, poco meno degli immobili di proprietà che ospitano i negozi.
Anzi, la preziosa consulenza di Mediobanca potrebbe preludere a un’altra mossa importante. Il parziale disimpegno da Impregilo. Nella controllante Igli (che ha in pancia il 29,9% del general contractor) sono rimasti in due dopo l’uscita dei Ligresti: Benetton con il 33% e il gruppo Gavio col 66. A Gilberto, presente nella società attraverso Atlantia, non dispiacerebbe concentrarsi sul business autostradale rilevando quel 29,2% della brasiliana Ecorodovias nel portafoglio Impregilo. Che farebbe il pari con il nascente quarto polo autostradale brasiliano di cui Atlantia è azionista di maggioranza. I discorsi sono ben avviati: la settimana scorsa Gilberto Benetton e l’ad Gavio, Bruno Binasco, si sono incontrati, le distanze non sono eccessive. L’unico problema sono le ambizioni di Salini, al 15% ma probabilmente vicino alla soglia del 20, che da mesi propone un progetto di integrazione tra le due imprese. E che con un’eventuale maggioranza in assemblea potrebbe cambiare i rapporti di forza. La frequentazione di Benetton e Gavio (anche a Piazzetta Cuccia) rappresenta uno svantaggio competitivo non indifferente.
Atlantia è controllata da Edizione attraverso Sintonia, quindi sono impensabili cortocircuiti visto che ogni società fa storia a sé.

Restano in Borsa tre operatori di servizi: il retail di Autogrill, le infrastrutture autostradali e l’Aeroporto di Fiumicino controllato attraverso Gemina (30%). Un settore che ha sempre rappresentato molto per la famiglia Benetton, considerando anche il controllo di Grandi Stazioni e nonostante la poco felice avventura in Telecom.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica