Imporre dazi ai super-inquinatori fuori dal mercato unico europeo per fare sì che la transizione energetica non sia un processo che le imprese italiane e i cittadini del Paese pagheranno in maniera eccessivamente dura per le maggiori restrizioni e i più serrati controlli nei mercati occidentali. La proposta lanciata dal Ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso il 30 maggio scorso è passata sino ad ora sotto traccia nei media ma vale la pena di essere approfondita.
Nel videomessaggio inviato all’evento L’energia per l’Italia e l’Ue: le fonti e le regole del mercato energetico, organizzato a Roma da Withub, Urso ha dichiarato che è necessario "tutelare le aziende, i lavoratori e i cittadini europei dalla concorrenza sleale nel nostro continente" anche a costo di imporre "norme che riguardano l’importazione o l’esportazione di prodotti, quelli che vengono chiamati giustamente dazi ambientali".
De-carbonizzare gradualmente l'economia servirà a poco per attuare la transizione energetica in nome dell'efficienza se nel nostro mercato circoleranno prodotti ad alto impatto ambientale per i metodi di produzione invasivi di altri Stati. E questo, inoltre, può portare a un forte dilemma sul fatto che il dumping ambientale, cioè l'elusione dei regolamenti di tutela ambientale e energetica di un dato mercato da parte di un Paese terzo, rappresenti inoltre un'offensiva contro l'equilibrio sociale e del mercato del lavoro, diventando una forma di concorrenza sleale.
Per Urso, che ha fatto della difesa delle produzioni italiane un perno del suo ministero, la lotta al dumping va di pari passo con la difesa delle imprese e dell'industria tricolore promossa attraverso il Dl Made in Italy che attende di arrivare alle Camere per la discussione e gli emendamenti. La proposta di dazi "verdi" è qualcosa che va nella stessa direzione che nell'ultimo triennio il Parlamento Europeo ha gradualmente promosso con i voti sul Carbon Border Adjustment Mechanism (Cbam), il sistema in cui sono comprese le prospettive per scaricare sui Paesi inquinatori il costo del loro dumping. Il Cbam deve ancora essere pienamente strutturato ma l'Italia, seconda manifattura d'Europa dopo la Germania, ha tutto l'interesse a colpire nell'era della decarbonizzazione i super inquinatori che "barano" e creano quindi un pregiudizio economico e sociale. Tra questi, per fare un esempio, la Cina e altri colossi dell'Asia.
Si tratta di una visione ispirata sicuramente al ritorno dello Stato e della politica industriale nel novero della gestione dell'economia, ma anche di un'attenzione pragmatica alla transizione energetica che va oltre ideologismi e radicalismi: ci sono Paesi più avanti nella lotta all'impatto ambientale dell'economia, come quelli europei, i cui cittadini non possono pagare i costi di una ristrutturazione industriale e produttiva a tutto campo senza colpo ferire. Al contrario, favorire le produzioni locali e spingere anche per una catena del valore industriale nel campo della transizione energetica che sia centrata sull'Europa stessa può essere utile. Del resto, nel 2016 Donald Trump vinse le elezioni Usa promettendo dazi contro le importazioni ostili in nome dell'America First.
L'approccio promosso da Urso e dal governo italiano incorpora obiettivi ambientali e sociali senza, per questo, presupporre che alla sua applicazione seguiranno sfide commerciali a colpi di dazi e dogane. L'Europa dovrà lavorare molto per concretizzare il Cbam, ma l'Italia ha sicuramente interesse affinché tuteli l'industria dalle mosse ostili.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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