Se la scelta di affidare a Lufthansa il traffico aereo in Italia si rivelerà la più saggia e la più proficua per la crescita del Paese, lo sapremo solo tra qualche anno. Tuttavia, già oggi la notizia che Ita Airways può finalmente convolare a nozze con la compagnia tedesca, un campione non solo nei cieli d'Europa, va celebrata come doppio successo della nostra diplomazia economica, ottenuto grazie alla determinazione di un ministro, Giancarlo Giorgetti, che non è arretrato di fronte all'ottusa e datata mentalità di una burocrazia europea che a più riprese ha sovrastato il buon senso e la logica economica. La prima ragione di apprezzamento è che in questo modo si è assicurato un futuro a Ita e a quanti ogni giorno vi prestano la loro opera: per quanto attualmente la compagnia nata dalle ceneri di Alitalia vanti conti in sicurezza, senza un'alleanza di dimensioni adeguate sicuramente in breve sarebbe finita schiacciata dai colossi del cielo. La seconda ragione è che finalmente, dopo 77 anni, le costose eredità delle molteplici rinascite di Alitalia finiranno di pesare sul gobbo dei contribuenti, chiamati per decenni al sostegno di una vorace compagnia di bandiera, il cui costo complessivo è stato calcolato in circa 13 miliardi di euro (probabilmente è persino superiore).
C'è però una terza ragione che incoraggia e che merita apprezzamento, ed è che di nuovo, in pochi giorni, il governo ha dimostrato di voler scommettere seriamente su attività strategiche che anni di scelte dissennate, avviate in assenza di una politica industriale degna di questo nome, avevano relegato a mero bene di scambio per fare cassa a sostegno dei conti pubblici sofferenti. Il ritorno della rete telefonica sotto l'egida dello Stato, operazione andata a buon fine 48 ore fa, mentre da una parte ristabilisce equilibri che una comunità democratica dovrebbe sempre preservare, dall'altra consente al Gruppo Tim - l'ex incumbent telefonico - di ridurre in modo significativo la montagna di debiti che l'aveva relegato in un angolo senza grandi prospettive e di riconquistare un percorso di crescita virtuosa che, oltre a rappresentare nuova ricchezza per il sistema, continuerà a garantire il mantenimento di migliaia di posti di lavoro.
Per non dire infine dell'investimento di 5 miliardi deliberato un paio di settimane fa dal gruppo STMicroelectronics, cui lo Stato partecipa con risorse del Tesoro per quasi la metà, finalizzato alla costruzione e gestione di un nuovo impianto integrato per la produzione di chip
nel distretto di Catania.Tre operazioni industriali di portata internazionale, che testimoniano della possibilità che persino in Italia sia possibile costruire una politica industriale degna di questo nome. Basta volerlo.
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