Difficile che dopo due anni di trattative serrate e triangolate con Bruxelles, le nozze Ita-Lufthansa finiscano sul binario morto. E tuttavia lo scontro che si è consumato nella notte tra lunedì e martedì tra la rappresentanza del Tesoro e quella della compagnia tedesca ben giustifica l'ira del ministro Giorgetti, che considera inaccettabile la pretesa di uno sconto da parte di Lufthansa sul prezzo pattuito alla firma dell'accordo. E poco importa che lo sconto richiesto sia di dimensioni relativamente modeste; è il mancato rispetto dei patti che offende, cattivo presagio per un'unione che nasce fondata sul ricatto. Peraltro, proprio quel prezzo è una delle ragioni per cui Lufthansa ha ottenuto la possibilità di trattare in esclusiva l'acquisizione di Ita, e dunque avrebbe dovuto essere blindato di fronte a ogni evenienza. Oggi i vertici della compagnia tedesca sostengono che, vista la congiuntura non brillante che ha segnato gli ultimi mesi di Ita - cui però hanno contribuito pure loro visto che da due anni nella compagnia italiana non si muove foglia che Lufthansa non voglia - sarebbe giusto rivederne la valutazione. Ma nulla conta per loro il fatto che nel frattempo il valore industriale di Ita sia cresciuto ben più del prezzo pattuito all'origine, viste anche le prospettive che la compagnia ha davanti a sé: basti citare il Giubileo in calendario l'anno prossimo, per prefigurare una crescita più che robusta. Per non dire del fatto che, acquisendola, Lufthansa si assicura il diritto di gestire i traffici aerei all'interno di uno dei Paesi turisticamente più ambiti al mondo.
Ma tant'è, ormai siamo abituati alle modalità tedesche; basta osservare come il governo Scholz ha reagito alla proposta di acquisizione di Commerzbank da parte di Unicredit, proposta legittimata dalla cessione di una quota azionaria dal Tesoro tedesco e benedetta dalle istituzioni europee, quelle stesse che proprio la Germania ha contribuito a plasmare a sua immagine e somiglianza. Evidentemente la crisi economica che sta piegando il Paese, pur essendo più profonda di quanto si creda non ha ancora stemperato l'arroganza diventata la cifra dei governi Merkel.
Al punto che i vertici di Lufthansa si sentono tuttora legittimati a violare anche le più elementari regole della contrattualistica senza dover pagare il dazio. Qualcuno suoni loro la sveglia: non sono più la locomotiva d'Europa.
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