Il partito di Cernobbio volta le spalle alla Bce

«Stop ai tassi o sarà crisi vera». Il Nobel Stiglitz vede nero

Il partito di Cernobbio volta le spalle alla Bce
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Il dilemma della politica monetaria è stato l’argomento principale di dibattito nella seconda giornata del Forum Ambrosetti di Cernobbio. Le opinioni di economisti, manager e imprenditori divergono perché la maggiore probabilità del concretizzarsi di una recessione non giustifica una minore vigilanza sull’inflazione. Ma se i «professori» sono pronti a giustificare una minore crescita nel nome della stabilità dei prezzi, dall’altro lato chi opera sul mercato è preoccupato dall’irrigidimento delle condizioni di finanziamento degli investimenti. Sul Lario ha brillato l’assenza del presidente Bce, Christine Lagarde, spesso ospite del workshop.


È il caso della dialettica tra il premio Nobel Joseph Stiglitz e il presidente delle Generali e docente della Bocconi, Andrea Sironi. «L’Europa ora rischia una vera recessione: la Bce perché gli Stati Uniti hanno più spazio di manovra per aiutare l’economia e, dunque, la Bce dovrà essere molto più cauta», ha affermato l’economista aggiungendo che l’Italia rischia «quello che si chiama un brusco atterraggio», cioè una recessione pronunciata. Secondo Sironi, invece, «l’azione delle banche centrali negli ultimi anni è stata necessaria anche se forse un pochino tardiva, ritengo non sia finita la lotta contro l’inflazione ma penso che accanirsi sull’obiettivo del 2% non sia la cosa più saggia da fare».
Anche l’ad di Edison, Nicola Monti, ne è convinto. «L'aumento dei tassi non favorisce la crescita, soprattutto nel nostro settore, quello dell’energia dove ci sono tantissimi investimenti da fare». L’Europa dovrà spendere molto di più dei 90 miliardi annui per portare a termine la transizione green e «l’inflazione fa aumentare i costi di costruzione dei nuovi impianti per decarbonizzare la produzione energetica, ecco perché coltiviamo l’aspettativa di avere dei tassi di interesse che si abbassino e che si ritorni nel più breve tempo possibile alla normalità».

Sulla stessa lunghezza d’onda di Sironi anche Enrico Marchi, presidente di Banca Finint e di Save, l’aeroporto di Venezia. «Penso che il livello dei tassi sia destinato a scendere, ma l’importante è non fissarsi sul feticcio dell’inflazione al 2% perché far atterrare repentinamente un aereo da 10mila metri di quota significa farlo precipitare», ha rimarcato criticando la rapidità della stretta effettuata dalla Bce. Preoccupazioni condivise anche da Emma Marcegaglia, presidente di Marcegaglia Investments. «Ci sono stati due errori: la Bce è intervenuta troppo tardi perché pensava che l’inflazione fosse un fenomeno temporaneo e, di conseguenza, i rialzi sono stati effettuati in maniera troppo veloce», ha spiegato precisando che «ora sarebbe il caso di fermarsi e di riflettere se sia il caso di provocare una recessione».
Non tutti i manager, però, la pensano allo stesso modo. Secondo l’ad di Arriva Italia, Angelo Costa, «è impossibile che si rivedano tassi sotto il 2%, mentre livelli tra il 3 e il 4% potrebbero essere considerati di equilibrio».


Per Carlarberto Guglielminotti, ad di Nhoa (sistemi di accumulo ed e -mobility), invece, i tassi non sono un problema. «Chi finanziai nostri progetti non smette di puntare su di noi perché i tassi sono aumentati , mentre chi si lamenta opera in ambiti ormai maturi che sono giunti a fine ciclo»

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