Diceva Lenin che se in Germania scoppiasse la rivoluzione i tedeschi, prima di prendere d'assalto treni e stazioni ferroviarie, pagherebbero il regolare biglietto. Ieri è successo qualche cosa di simile. A Monaco di Baviera il centro-sinistra aveva organizzato una manifestazione contro Alternative für Deutschland, il partito di destra in questi giorni al centro delle polemiche. Ci si aspettavano sì e no 25mila persone, ne sono arrivate 100mila (gli organizzatori dicono addirittura 250mila). Le autorità hanno detto che erano troppe, che l'ordine pubblico era a rischio e che la protesta andava subito interrotta. Senza fiatare i manifestanti sono tornati tutti a casa.
Amore per l'ordine a parte, la vicenda sottolinea il successo delle manifestazioni contro Afd che si succedono in Germania da almeno una decina di giorni. Pur escludendo i manifestanti di Monaco, ieri a sfilare in varie città del Paese sono state 300mila persone. La scintilla immediata è stata la notizia delle conferenza di Potsdam in cui dirigenti e simpatizzanti del movimento hanno dibattito quella che pudicamente è stata definita «remigration», il trasferimento forzato fuori dai confini degli immigrati (irregolari o meno).
Il tema è delicato ovunque e in Germania ancora di più, specie se viene discusso a due passi dalla villa sul Wannsee dove venne decisa la «soluzione finale» del problema ebraico nel 1942.
Ma a pesare sull'opinione pubblica sono soprattutto i sondaggi trionfali che stanno accompagnando la marcia di avvicinamento di Alternative für Deutschland alle tre elezioni regionali d'autunno: secondo le ultime rilevazioni si va oltre il 22% su base nazionale (secondo partito dopo la Cdu con grande vantaggio su verdi e socialisti). Il gradimento è addirittura tra il 29 e il 34% nei tre Länder che si preparano al voto: Brandeburgo, Turingia e Sassonia.
L'idea che un partito in cui non mancano i nostalgici dichiarati di un passato pre-bellico («Il problema di Hitler è che viene dipinto come il male assoluto» ha detto Björn Höcke, capo dell'ala più revanscista) possa arrivare al potere, sia pure sul piano locale, inquieta l'élite tedesca a tutti i livelli. Così, partendo da alcune inchieste aperte e dal dettato della legge sui partiti, si è acceso il dibattito sulla possibilità di mettere fuori legge il movimento guidato da Alice Weidel (nella foto). Una petizione online ha raccolto 1,5 milioni di firme in pochi giorni, il quotidiano più diffuso, la Bild, ha pubblicato un sondaggio in cui il 45% degli interpellati si dichiara a favore della messa fuori legge (il 42 contrario). In Germania non è la prima volta: negli anni 50 vennero «vietati» un partito neonazista e il partito comunista. Ma è stata la stessa Bild a raddrizzare il timone: attenzione, si leggeva in un editoriale. Il successo dell'Afd, è come il termometro che annuncia la febbre. Non è rompendolo che si risolvono i problemi. E il problema è quello di una politica che ha perso ogni tipo di contatto con l'opinione pubblica.
La coalizione «semaforo» (socialdemocratici verdi e liberali) è più impopolare che mai, mentre l'opposizione democristiana non è ancora uscita dalla crisi post-Merkel. La febbre è alta. I dottori di Berlino sperano di trovare una cura prima del voto d'autunno.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.