L'errore della Francia con l'Italia: così gli insulti possono diventare un boomberang

Le parole del ministro francese sono apparse inopportune e il governo italiano le ha respinte al mittente. Tuttavia, il primo a essere colpito da questo incidente potrebbe essere Emmanuel Macron

L'errore della Francia con l'Italia: così gli insulti possono diventare un boomberang

L'incidente diplomatico tra Italia e Francia dovuto alle parole del ministro dell'Interno transalpino, Gerard Darmanin, rischiano di essere una lama a doppio taglio. Le accuse nei confronti di Giorgia Meloni, ritenuta dal ministro francese non in grado di risolvere il problema migratorio, se infatti rappresentano un attacco nei confronti del governo italiano, allo stesso tempo rischiano di minare proprio la politica d'Oltralpe e in particolare i giochi diplomatici del presidente Emmanuel Macron.

Il motivo è da ricercare nel fatto che Parigi e Roma, spesso in disaccordo su molteplici tavoli, vivono la complessa condizione di essere necessarie l'una all'altra su molte questioni. Ed è soprattutto Macron, in un momento di evidente difficoltà nel quadro europeo, ad avere bisogno in questa fase del sostegno italiano sui principali dossier dell'agenda dell'Eliseo in Europa (e non solo). Dossier fra cui rientra non soltanto il nodo dell'immigrazione dall'Africa e della sua gestione - tema fondamentale specialmente per il fronte sud europeo e per la tenuta interna francese - ma anche la politica industriale, l'autonomia strategica dell'Unione europea, il dibattito sui fondi europei e sulla politica del rigore, l'energia, fino alla gestione del delicato tema dell'Africa.

Tutte questioni che per Macron sono centrali, ma che per fare breccia nel cuore dell'Unione europea devono necessariamente passare per un supporto di Palazzo Chigi, dal momento che la guerra in Ucraina, la crisi economica e la fragilità del cancellierato di Olaf Scholz non permettono più alla Francia di sognare la gestione dell'Europa in condominio con la sola Germania. Il clima tra i due Paesi è molto cambiato rispetto al periodo in cui regnava Angela Merkel, e lo conferma anche il fatto che oggi Berlino non appare più decisiva come un tempo. Complice il "peccato originale" di avere di fatto ceduto la propria energia alla Russia negli anni passati, l'invasione dell'Ucraina ha segnato una sorta di condanna politica nei confronti di Merkel e della politica tedesca che ha lasciato in sostanza un vuoto geopolitico nel cuore del Vecchio Continente.

Senza la Germania leader e allo stesso tempo co-leader della Francia e con un Paese paralizzato da una complessa crisi di consenso nei confronti delle istituzioni, Macron deve far passare i suoi messaggi con una leadership indebolita e in un'Europa che sta cambiando velocemente rispetto al suo primo mandato. Con la nuova ventata atlantica sul continente, è il blocco dei Paesi dell'Est e baltici a essere diventato imprescindibile nelle logiche di collegamento tra Nato e Ue. La Polonia guida il blocco orientale e a fa da contraltare alle idee di Parigi, sia sul fronte dell'intransigenza verso la Russia che sulla politica dell'indipendenza dalla Nato e delle politiche comunitarie. Inoltre, Scholz non sembra spesso in linea con le idee del presidente francese sul fronte della politica industriale ed energetica. E anche per quanto concerne l'ambito delle politiche finanziarie Ue e di bilancio, Berlino è spesso attratta dall'anima dei cosiddetti Paesi frugali, come dimostra anche la presenza dei Liberali nella compagine di governo.

A fronte di queste dinamiche tra Francia e Germania, è chiaro che l'Italia rappresenta un contrappeso fondamentale nelle strategie francesi per colmare il vuoto tedesco o per fermare alcune scelte e ambizioni di Berlino non in linea con le aspirazioni transalpine. La conferma è del resto arrivata anche dall'ultimo bilaterale tra Macron e Meloni a margine del Consiglio europeo a Bruxelles. In quell'occasione, i due leader, che provenivano da un periodo di relazioni difficili, hanno mostrato di avere diversi interessi in comune, a partire - proprio collegato al nodo migrazioni - dal dossier Tunisia. E anche per quanto riguarda le politiche di partenariato con i Paesi africani, l'idea di Meloni di aprirsi ai Paesi del continente con il "piano Mattei" e il desiderio di aumentare l'impegno Ue sul fianco sud può sostenere Macron dopo il grande smacco in Mali e in altri Stati dove la Wagner e altre forze hanno preso il sopravvento.

Inoltre, nello stesso periodo in cui i due leader si sono incontrati a Bruxelles, è ripartito anche il dialogo sul fronte industriale, come certificato dall'incontro tra il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, e il ministro dell'Economia, delle Finanze e della Sovranità industriale e digitale della Francia, Bruno Le Maire.

Non solo: Francia e Italia hanno confermato una linea comune anche sulle regole di bilancio volute dalla Commissione europea. E se Parigi vuole continuare nel percorso dell'autonomia strategia europea, non può fare a meno di passare per l'Italia e la sua industria bellica, oltre che per i buoni rapporti tra Roma e Washington.

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