Il doppio impeachment in Corea del sud potrebbe avere conseguenze più gravi del previsto. Sono molte le turbolenze geopolitiche e finanziarie innescate dalla crisi politica in corso a Seul dove il parlamento ha votato per la messa in stato di accusa del presidente ad interim Han Duck-soo, primo caso di impeachment che riguarda un presidente ad interim nella storia del paese, dopo quello del presidente in carica. La Borsa è crollata, mentre il won è precipitato al livello più basso degli ultimi tre lustri, a dimostrazione di una spirale altamente pericolosa in un quadrante strategico, a cavallo tra gli interessi dei big players nell'indopacifico.
Il sì all'impeachment da parte di 192 deputati su 192 punta il dito contro Han Duck-soo, reo di aver «partecipato attivamente all'insurrezione» dopo il fallito tentativo del suo predecessore di imporre la legge marziale il 3 dicembre e lo stesso presidente ad interim ha già fatto sapere che intende «rispettare la decisione del Parlamento». Due settimane fa i deputati avevano votato a favore della destituzione del presidente conservatore Yoon Suk Yeol, che pochi giorni prima aveva deciso di istituire la legge marziale e inviato l'esercito in Parlamento, per poi
annullare tutto in poche ore. La situazione al momento è molto complessa, perché entro breve la Corte Costituzionale dovrà convalidare o meno la decisione parlamentare, ma Han non ha nominato tre dei nove giudici della Corte, che dovrà pronunciarsi a maggioranza di due terzi. In caso di mancata nomina ecco che i sei giudici rimanenti dovranno decidere all'unanimità, ma Yoon potrebbe tornare in sella anche con un solo voto contrario alla destituzione.
Poco prima del voto, il numero uno dell'opposizione Lee Jae-myung, leader del Partito Democratico che detiene la maggioranza del parlamento, aveva accusato Han di «agire a favore dell'insurrezione», mentre i legislatori del People Power Party al governo hanno boicottato il voto e circondato il podio dove era seduto il presidente dell'assemblea Woo Won Shik, gridando che il voto era «non valido».
È questa la più grave crisi politica dal 1987, quando le proteste popolari costrinsero il governo composto da ex militari di accettare il voto diretto per l'elezione del presidente. L'incertezza data dal clima politico si somma ai timori del possibili dazi imposti dall'amministrazione Trump: per questa ragione Choi Sang-mok, il nuovo presidente ad interim che è anche vice premier e ministro delle Finanze,
prova a predicare ottimismo: «Il governo farà del suo meglio per garantire la stabilità». Ma l'indice di riferimento Kospi non crede alle promesse e cede l'1,02%. A farne le spese alcuni titoli come E-Mart, la più grande catena di ipermercati del Paese che ha perso il 9,40%: non si tratta di un nome casuale, dal momento che è interessata proprio in queste settimane ad una fusione con il gigante cinese dell'e-commerce Alibaba.
Al contempo la valuta nazionale crolla a 1.487,03 won per dollaro, il livello più basso dal 2009.
Alcuni analisti si spingono a ritenere che le difficoltà economiche date dalla crisi odierna potrebbero essere ben peggiori di quelle della crisi finanziaria della fine degli anni Novanta.
Un panorama di assoluta destablizzazione,
insomma, che investe un paese peculiare: la Corea del sud non solo è la quarta economia asiatica, ma è il player che Usa e Ue vedono come partner chiave per controbilanciare le politiche di Cina, Russia e Corea del Nord.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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