"Non so se la giustizia brasiliana lo tratterrà. È la magistratura che decide, non il governo". Con queste parole, il presidente del Brasile, Luiz Ignacio Lula da Silva, cerca di spegnere la miccia accesa con le sue dichiarazioni di ieri al G20 di Nuova Delhi in cui aveva auspicato la presenza di Putin al prossimo appuntamento del forum che si terrà proprio in Brasile, nel 2024, garantendogli l’immunità dal mandato di arresto emesso della Corte penale internazionale (Cpi) nel marzo 2023 .
Sul capo del Cremlino pende il provvedimento del tribunale dell’Aja poiché sarebbe accusato della deportazione di centinaia di bambini ucraini, prelevati da orfanotrofi e case di accoglienza, e se si recasse all’estero, in Paesi che riconoscono la giurisdizione della Corte penale internazionale, tra questi il Brasile, rischierebbe l’arresto. Ieri Lula si era espresso : "Se io sono il presidente del Brasile e lui viene in Brasile, non lo arresteranno affatto".
Con le frasi di oggi sembra, invece, voler tornare sui suoi passi lasciando intendere che l’arresto di qualsiasi individuo, compreso un capo di governo, può essere solo deciso dal potere giudiziario e non da quello esecutivo secondo gli insegnamenti che Montesquieu ha trasmesso ai posteri con il suo “De l’esprit des loix”.
Come funziona il mandato d’arresto
Sono 123 i Paesi che riconoscono la sovranità giurisdizionale della Cpi volta a giudicare i responsabili di crimini di guerra; genocidio; crimini contro l’umanità; crimini di aggressione commessi sul territorio dai cittadini di uno Stato membro e ove lo Stato membro non avesse le capacità di procedere in base alle sue leggi o alle norme di diritto internazionale. La Corte agisce nel momento in cui avvengono crimini sul territorio di uno Stato aderente da parte di un cittadino di uno Stato membro ma anche se commessi in uno Stato membro ad opera di un cittadino di uno Stato non parte.
Né la Russia né l’Ucraina aderiscono allo Statuto di Roma, trattato fondativo della Cpi, ma diversi Stati firmatari hanno sollecitato la Corte dell'Aja ad avviare un procedimento d’indagine per la guerra in Ucraina che si è concluso con l’emissione del mandato d’arresto per Putin. Gli Stati aderenti, quindi anche il Brasile, sono posti così davanti all’obbligo di cooperare per assicurare alla giustizia l'indagato, arrestandolo se sul loro territorio e consegnandolo alla Cpi per l’eventuale convalida delle accuse con cui ha inizio il processo.
Nonostante la retromarcia, forse necessaria dato che è il presidente di uno Stato firmatario dello Statuto di Roma, Lula ha poi rilasciato delle dichiarazioni che sembrano mettere in discussione l’adesione del Brasile alla Corte: "I Paesi emergenti spesso firmano cose che sono dannose per loro", "Voglio sapere
perché noi siamo membri ma non gli Stati Uniti, né la Russia, né l'India, né la Cina". Ha poi concluso:"Non sto dicendo che lascerò il tribunale, voglio solo sapere perché il Brasile è un firmatario" .
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