L’ordine mondiale post Guerra Fredda non è mai stato così a rischio come negli ultimi anni. La Cina e la Russia cercano ormai da tempo di riscrivere le regole che disciplinano il funzionamento degli affari internazionali ma a questi due "agenti del caos" se ne starebbe per aggiungere un terzo, gli Stati Uniti. Uno sviluppo inatteso considerato che si tratta della nazione che più di tutte ha contribuito a plasmare quelle stesse regole - dal commercio alle relazioni tra Stati solo per citarne alcune - oggi in pericolo. A certificare il nuovo stato delle cose alla vigilia del ritorno alla Casa Bianca di Donald Trump è il Financial Times, il quale in una lunga analisi sostiene che gli Usa, la Cina e la Russia, seppur ciascuna in modi diversi, “sono diventate potenze revisioniste impegnate nel cambiare in maniera radicale l’attuale ordine mondiale”.
Non è “sorprendente” che Mosca e Pechino vogliano cambiare le regole del gioco, scrive il Financial Times, “la Russia è un’ex superpotenza che cerca di ricostruire l’influenza perduta. La Cina è una superpotenza in ascesa che vuole che il mondo soddisfi le sue ambizioni. È il revisionismo americano che è però il più sconcertante e il più gravido di conseguenze”. Vedere il quotidiano della City accostare, anche se per ragioni profondamente diverse, le azioni “sovversive” russe e cinesi a quelle statunitensi fa impressione. Soprattutto considerando che in pochi prevedevano che nell’arco di dieci anni si potesse passare dall’internazionalismo di Barack Obama all’isolazionismo imprevedibile di Trump.
Gli studiosi concordano con il giornale britannico. Il prossimo presidente degli States si appresta a contestare “quasi ogni elemento dell’ordine internazionale liberale: commercio, alleanze, immigrazione, multilateralismo, solidarietà tra le democrazie, diritti umani”, afferma John Ikenberry della Princeton University. Gli fa eco Ivo Daalder del Chicago Council on Global Affairs secondo cui “il più grande rischio geopolitico siamo noi. È l’America”.
Ad essere spaventati più di tutti dal ritorno di Trump sono gli alleati di Washington che negli ultimi 30 anni si sono riconosciuti nei principi della globalizzazione. Le minacce del prossimo inquilino della Casa Bianca sui dazi, sul possibile abbandono della Nato e più in generale sulle garanzie alla sicurezza mondiale sono tra le principali incognite geopolitiche per i partner degli Usa. Il Financial Times riconosce che gli interrogativi su come il miliardario interpreterà la sua agenda revisionista sono resi più complicati dal fatto che egli opererà in un contesto internazionale caratterizzato dal desiderio di Russia e Cina di stabilire le rispettive aree di influenza. Il quotidiano finanziario prova ad individuare diversi scenari per il futuro - dal grande accordo con Mosca e Pechino al successo dell’America First - ma ammette che la realtà potrebbe essere più imprevedibile e conclude citando Antonio Gramsci: “il vecchio mondo sta morendo. Quello nuovo tarda a comparire. E in questo chiaroscuro nascono i mostri”.
L’analisi del Financial Times arriva a poche ore di distanza da un articolo del Washington Post, il quale esamina il mandato di Joe Biden anche alla luce della vittoria del repubblicano affermando che il vecchio Joe “ha fallito in quella che, secondo lui stesso, era la sua missione più importante: far sembrare la presidenza di Trump un’aberrazione”.
L’unica consolazione per l’amministrazione uscente è che, secondo un sondaggio effettuato tra alcuni storici, Biden è al 14esimo posto nella classifica dei migliori presidenti degli Stati Uniti mentre a The Donald è riservato l’ultimo posto. Una graduatoria provvisoria considerando però che il revisionista Trump ha ancora quattro anni per far cambiare idea agli esperti di storia americana.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.