Francia choc: Barnier e Macron in bilico

Le Pen e Mélenchon: "Pronti a votare la sfiducia, il presidente lasci". Vola lo spread

Francia choc: Barnier e Macron in bilico
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È partito il conto alla rovescia. Domani, o al massimo giovedì, i francesi e (soprattutto) i mercati finanziari scopriranno se Parigi avrà un governo ancora operativo; in grado, cioè, di portare la manovra al varo entro il 31 dicembre. Oppure se quella «tempesta», evocata come un fantasma dal premier Barnier nei giorni scorsi, si abbatterà davvero sull'Esagono con una violenza mai registrata nella Quinta repubblica; facendo cadere un esecutivo in carica da neppure tre mesi e innescando il caos.

Finora solo un assaggio. Lo spread ha già toccato livelli record. E ieri, al termine di una giornata che segnava l'ultimatum lepenista, lanciato a Barnier affinché accogliesse proposte ulteriori nel pacchetto che ristruttura la previdenza sociale dall'anno prossimo, la leader del Rassemblement national ha annunciato che non si limiterà a votare la mozione di sfiducia presentata dal Fronte popolare della gauche. Il suo partito ne deposita una propria, rompendo il dialogo col premier: «Poco importa da dove vengono le mozioni, si tratta di sfiduciare un governo che ha scelto di non rispettare gli impegni blindando un testo ingiusto per i francesi».

Barnier in Aula aveva appena evocato la necessità della «stabilità», annunciando che sul welfare 2025 varrà il testo elaborato dalla commissione parlamentare mista e già emendato: «I francesi non perdoneranno chi sceglie le ambizioni personali rispetto all'avvenire della Nazione». Ma per Le Pen, che aveva sentito telefonicamente Barnier, è una farsa orchestrata da macroniani e neogollisti per far tagli sulle spalle della classe media. E il fatto che il premier non abbia voluto cancellare piuttosto gli aiuti medici gratuiti per clandestini e sans papier, che costano circa 1,6 miliardi l'anno, togliendo solo 200 milioni da quella voce, ha fatto deflagrare un'intesa che aveva trovato un principio di quadra.

Il tribuno della gauche Mélenchon è certo che il governo «cadrà» e che Macron dovrebbe dimettersi perché «è il solo responsabile della crisi politica e finanziaria», quasi mille miliardi di debito in 7 anni. Cosa può fare dunque Barnier per salvare se stesso e la Francia dal rischio Titanic? Può emendare ancora il testo, su cui ha annunciato il ricorso al 49,3, l'articolo della Costituzione che gli permette di far passare la legge senza discussione. Convincere infatti pezzi delle opposizioni alla marcia indietro, partendo dai socialisti rimasti finora saldamente accanto a mélenchoniani e verdi, è utopia. Dunque negozia (ancora?) in casa Le Pen come fatto pure sui rimborsi per certi farmaci da banco. I lepenisti chiedono anche l'indicizzazione delle pensioni dal 1° gennaio e non da luglio.

Assiste da lontano allo sgretolamento di ciò che lui stesso ha messo in piedi, Macron. Fino a domani sera, il presidente dovrebbe restare in Arabia saudita dal principe Bin Salman per sostenere la stabilizzazione del Libano. Mentre la maggioranza relativa plasmata d'estate e tenuta insieme con lo scotch sente il terremoto arrivare, il premier chiede agli avversari di digerire l'ennesima forzatura. Poi? Tornare al casting? Alla telenovela estiva? Rimpastare un governo senza maggioranza non salverebbe la Francia, candidata al pantano degli affari correnti in caso di sfiducia. Il toto-nomi per il post-Barnier è partito: dal centrista Bayrou (in ottimi rapporti con Le Pen) al ministro della Difesa macroniano Lecornu. All'Eliseo la scelta. Le agenzie di rating ordinano popcorn. Sui canali all news si riaffaccia pure lo spettro delle dimissioni anticipate del capo dello Stato. Tutto nelle mani di Le Pen e dei suoi rivendicati 11 milioni di elettori, in nome dei quali ha sfidato Barnier. Che, a sua volta, è andato all in. Solo al voto si vedrà se Le Pen fa sul serio. O se tirerà il freno a mano prima del precipizio.

Sommando i voti avversi, si arriva a 320 deputati.

Per sfiduciarlo ne bastano 289. Più di un francese su due (53% Ifop) auspica la caduta. Costituzionalmente, non si può tornare al voto prima dell'estate. Solo a giugno, Macron potrebbe nuovamente sciogliere l'Assemblée.

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