Iran e Russia, attesa dell'asse anti-occidentale. E l'incertezza è un assist a Xi contro Taiwan

L'ipotesi di una protratta instabilità Usa gioca a favore dei regimi. Teheran, Mosca e Pechino pronte ad approfittarne

Iran e Russia, attesa dell'asse anti-occidentale. E l'incertezza è un assist a Xi contro Taiwan
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L'incertezza sull'esito finale del voto, con la prospettiva realistica che un vincitore non possa essere proclamato per diversi giorni, è già di per sé un fattore potenziale di instabilità a livello globale. Perché è vero che il presidente uscente degli Stati Uniti è regolarmente al suo posto, e che vi rimarrà fino al prossimo 20 gennaio, quando il suo successore si insedierà. Ma, tralasciando il fatto che Joe Biden è già di suo un Commander in chief debole per una serie di noti fattori connessi all'età e al suo stato di salute, i tradizionali due mesi e mezzo di transizione sono comunque percepiti all'estero come un periodo di imperfetta pienezza di poteri dell'inquilino della Casa Bianca. Questo è tanto più acutamente sentito presso i nemici degli Stati Uniti, e in modo particolare in questa fase storica, caratterizzata da conflitti che sono stati innescati o che potrebbero esserlo in un non lontano futuro da quell'Asse delle dittature anti-occidentali a guida russo-cinese che comprende soggetti aggressivi e pericolosi come l'Iran e la Corea del Nord.

È dunque lecito chiedersi quali potranno essere le ricadute di questa fase di incertezza politica negli Stati Uniti sui teatri di guerra in Medio Oriente e in Ucraina. Senza dimenticare le inquietanti prospettive che riguardano Taiwan e l'Indo-Pacifico, e soprattutto che l'Asse agisce in modo coordinato, con l'obiettivo di sfiancare gli Usa su più fronti contemporaneamente.

L'elemento fondamentale da tener presente è il rischio che l'instabilità americana possa aggravarsi e prolungarsi nel tempo. Se l'aperto contrasto tra le «due Americhe» democratica e trumpiana che si detestano e faticano addirittura a parlarsi degenerasse in violenze di piazza o peggio, i nemici di Washington potranno essere tentati di sfruttare la situazione. Una Casa Bianca in mano a un presidente debole e sulla porta d'uscita, concentrata su seri problemi interni, sarebbe un'occasione potenziale per l'Iran, deciso a vendicare con un'azione spettacolare, magari ricorrendo al terrorismo in qualsiasi angolo del mondo, le umiliazioni subite da Israele. Ma anche per la Russia di Vladimir Putin, che potrebbe tentare qualche carta particolarmente sporca contro l'Ucraina e forse contro la stessa persona di Volodymyr Zelensky. Non è escluso che l'alleanza di stampo sovietico con Pyongyang risulti ulteriormente rilanciata da questa fase in cui il Cremlino vorrà «portare a casa» il più possibile e a qualsiasi prezzo in vista di un prossimo mandato magari favorevole a Mosca se alla fine fosse Trump ad affermarsi.

Più ancora, potrebbe essere Xi Jinping a voler cogliere l'opportunità ulteriormente favorita dalla contingenza dell'indebolimento politico anche del Giappone, il cui governo ostile a Pechino ha appena perso la maggioranza in Parlamento di sferrare un colpo improvviso a Taiwan, magari mettendo in atto quel blocco aeronavale dell'isola «ribelle» già provato recentemente dalle forze cinesi.

In generale, quindi, l'instabilità generata da un esito incerto del voto americano di ieri non fa presagire nulla di buono sui fronti di guerra aperti e potenziali.

Biden si era cautelato inviando rinforzi in Medio Oriente e avvertendo Teheran che, se decidesse di colpire Israele, questa volta Netanyahu reagirebbe senza freni. Quanto all'Ucraina, aveva fatto stanziare ulteriori aiuti militari. Ma se si aprisse anche un fronte taiwanese, la situazione sarebbe grave.

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