Che tra Donald Trump e i colossi della tecnologia sia scoppiato l'amore, dopo anni di feroci scontri, è innegabile. Ma quello che stupisce è lo stupore del presidente uscente Joe Biden (e non solo) di fronte a queste relazioni economico-politiche e la conseguente denuncia di «un'oligarchia di estrema ricchezza, potere e influenza che minaccia la democrazia». Come se i presidenti degli Stati Uniti fossero sempre stati impermeabili al mondo dell'economia e della finanza, come se avessero condotto una vita di ascetica senza conoscere e incontrare i grandi imprenditori del loro tempo, i quali spesso sono, appunto,
anche molto ricchi e potenti. Come se non lo avesse fatto, in modo massiccio, anche Barack Obama durante la sua presidenza, quella, per intenderci, durante la quale Joe Biden era il suo vice. E c'è una foto, pubblicata dalla Casa Bianca il 17 febbraio del 2011, che chiarisce meglio di mille parole i rapporti che intercorrevano tra il mondo democratico e i numeri uno delle big tech della Silicon Valley: gli oligarchi.
Nella foto, ritratti sorridenti e con i calici alzati seduti accanto al presidente, ci sono dodici boss di altrettanti colossi. Citiamo solo i più importanti: Steve Jobs, ceo di Apple; Mark Zuckerberg, ceo di Facebook; Eric Schmidt, ceo di Google; Dick Costolo, ceo di Twitter; Reed Hastings,
ceo di Netflix; Carol Bartz, presidente di Yahoo!; John Chambers, ceo di Cisco. Però, in quel caso, quattordici anni fa, nessuno si stracciò le vesti denunciando il tracollo del sistema democratico e l'avanzata delle oligarchie tecnologiche.
Anche se la cronaca recente, per bocca di Zuckerberg, ci racconta delle pressioni di Biden su Facebook e la circolazione di notizie scomode. Ma questa è un'altra storia, che il mondo progressista americano non vuole sentire.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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