
“Zelensky è come un’ex fidanzata che vuole solo litigare”. È con questa discutibile espressione che il consigliere per la Sicurezza nazionale Usa Mike Waltz ha descritto l’atteggiamento del presidente Zelensky nei confronti di Trump durante il burrascoso vertice che venerdì scorso ha trasformato la White House in una Fight House. In effetti, prendendo in parte a prestito l’immagine evocata dall’uomo di Trump, nelle ultime tre settimane i rapporti tra Washington e Kiev hanno spesso assunto le caratteristiche più di una relazione di coppia in crisi che quelle di una stabile alleanza diplomatica tra Paesi occidentali. Per averne contezza basta scorrere le notizie delle ultime ore che alternano tira e molla drammatici con stop agli aiuti militari, aperture al dialogo e voci di intesa sulle terre rare.
Non è ovviamente un caso che l’instabilità tra le due parti sia cominciata con il cambio di amministrazione negli Stati Uniti e il conseguente ritorno di una politica estera transazionale che sembra voler riesumare logiche di potenze tipiche più del Diciannovesimo Secolo che del Ventunesimo. In quest’ottica il riavvicinamento alla Russia è funzionale alla realizzazione da parte di Trump di una strategia denominata “Nixon al rovescio” che punta a liberare Mosca dalla morsa di Pechino. E poco importa se lungo il cammino verso l'obbiettivo ne facciano le spese decenni di alleanze, valori liberali condivisi e un Paese che combatte da oltre tre anni contro uno Stato aggressore.
A volerla inquadrare così ricorrendo a logiche ordinarie, l’analisi della politica estera trumpiana sull'Ucraina mancherebbe di un elemento fondamentale, e cioè le caratteristiche umorali che contraddistinguono Trump e con cui alleati e avversari devono fare i conti. Il primo a farne le spese è proprio il leader ucraino Zelensky e qualsiasi cronologia degli alti e bassi che hanno caratterizzato i trascorsi tra i due leader non può non partire almeno dal 2019 e dalla telefonata con la quale il tycoon chiese al suo interlocutore, senza successo, di aiutarlo a pescare nel torbido per trovare tracce di malaffari compiuti dai Biden in Ucraina. Una conversazione telefonica portata alla luce dalla denuncia di un whistleblower che fu alla base della prima richiesta di impeachment nei confronti di The Donald e che quest'ultimo non ha mai dimenticato.
Di qui la necessità per Trump di vendicarsi su chiunque ritenga abbia commesso un torto nei suoi confronti. Tracce di vendetta sono evidenti in tante delle prime mosse della nuova amministrazione repubblicana, dall’approvazione dei dazi alla lotta contro il Deep State e ai tagli draconiani del personale federale. Persino la decisione di candidarsi alla presidenza e poi di tentare la rivincita e di imprimere una svolta alla questione ucraina menzionando la “stupidità” del suo predecessore sono esempi eclatanti del bisogno di rivalsa che agita spesso il tycoon.
Un altro fattore che va tenuto in considerazione per comprendere gli altalenanti rapporti con il leader ucraino è l’importanza attribuita da Trump alle sensazioni che gli suscitano i suoi interlocutori. John Bolton, ex consigliere per la Sicurezza nazionale durante il primo mandato di Trump, conferma al Wall Street Journal l’antipatia che il repubblicano nutre da tempo nei confronti di Zelensky sottolineando come, più in generale, questo aspetto abbia adesso un impatto maggiore nella politica estera statunitense. “Se gli piace un leader straniero", spiega Bolton, "avremo buone relazioni con quel Paese”. L’attrazione per l’uomo forte, è poi un altro fattore chiave per comprendere la psicologia di The Donald che è stato descritto di recente dall’ex cancelliera Merkel per spiegare la fascinazione che l’attuale inquilino della Casa Bianca sembra nutrire verso Vladimir Putin.
Infine come non tenere conto della grande predilezione del tycoon per il caos.
In una manciata di giorni siamo passati dal momento più basso nei rapporti tra Washington e Kiev a quello che tra poche ore potremmo descrivere come un riavvicinamento storico. Dinamiche simili peraltro visibili anche nella partita sui dazi. Sino al prossimo colpo di scena di un drammatico feuilleton che tutti sperano si concluda con un lieto fine.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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