Una guerra tra Stati Uniti e Cina potrebbe scoppiare entro il 2027. O almeno questa è la valutazione che circola negli ambienti della Marina americana, e non solo, che cerca di spingere sui programmi di manutenzione delle navi e di addestramento degli equipaggi. Obiettivo: aumentare il numero di unità pronte a combattere contro Pechino. Di tali piani se n’è discusso anche al 37esimo simposio nazionale della Navy Surface Warfare svoltosi ad Arlington, in Viriginia, durante il quale il vice ammiraglio Brendan McLane, comandante della Naval Surface Pacific Fleet ha ammesso che “non possiamo continuare a fare le cose come abbiamo fatto finora”.
L’allarme tra i vertici della U.S. Navy rimane alto nonostante i tentativi di avvicinamento in corso tra Washington e Pechino. Il presidente Donald Trump, che ha sentito pochi giorni prima dell’insediamento il suo omologo Xi Jinping, ha dichiarato che insieme al leader cinese “faremo il possibile per rendere il mondo un posto più pacifico e sicuro". Stando inoltre a quanto rivelato dal Wall Street Journal, il tycoon avrebbe confidato ai suoi assistenti di volersi recare in visita in Cina nei primi 100 giorni del suo mandato, un'iniziativa esclusa persino da Joe Biden, e per il momento la Casa Bianca sembra prendere tempo rispetto all'approvazione di dazi contro il Paese del dragone.
Noncurante delle manovre politiche, la U.S. Navy corre ai ripari sapendo di dover scontare il ritardo nella costruzione di nuove navi e nella manutenzione di imbarcazioni ormai obsolete che spesso determinano l’allungamento delle missioni condotte dalla flotta in servizio. I cantieri navali degli Stati Uniti non riescono a tenere il passo con quelli dei rivali cinesi che sfornano navi senza sosta e minacciano la storica supremazia sui mari detenuta da Washington. Non è un caso che l’accresciuta assertività dell'erede del Celeste Impero trovi ampia dimostrazione proprio nel Mar Cinese Meridionale e nelle acque attorno all’isola di Taiwan.
Le criticità registrate dalla Marina Usa hanno messo in discussione il modo in cui essa è strutturata e che dovrebbe consistere in un terzo della flotta in riparazione, un terzo in addestramento e il restante terzo pronto per il dipiegamento. Non tutte le navi appartenenti a quest'ultimo gruppo, riferisce il sito specializzato Stars and Stripes, sarebbero però schierabili a causa dei persistenti ritardi riscontrati in tutte le fasi del ciclo di vita delle navi. Alcuni numeri aiutano a comprendere la gravità del problema: nel 2024 si è raggiunto un tasso di completamento della manutenzione puntuale della flotta della U.S. Navy pari al 67%. Un dato in miglioramento, ma ritenuto non soddisfacente, rispetto al tasso di completamento riportato nel 2023 (41%) e nel 2022 (36%).
Alla luce di ciò, l’ammiraglio Lisa Franchetti, la prima donna a capo della Marina statunitense, ha presentato lo scorso autunno un ambizioso piano per far sì che l’80% delle navi sia pronto per una guerra con la Cina in qualsiasi momento. Franchetti ha affermato che “abbiamo bisogno di una flotta più grande, ogni studio che abbiamo condotto dal 2016 lo dimostra ma ci vorranno anni e risorse significative” e sarà necessario il coinvolgimento del settore industriale, del Congresso e dell'ufficio del segretario alla Difesa.
Sono dunque in corso significativi sforzi per accorciare le certificazioni di addestramento da 15 settimane ad una media di 10 entro giugno 2026 e per raggiungere l’obiettivo del 71% delle riparazioni completate in tempo.
Secondo Dan Grazier dello Stimson Center, l’arretrato accumulato nelle manutenzioni non verrà risolto entro il 2027 e per il futuro la Marina dovrebbe concentrarsi sulla progettazione di navi puntando sulla semplicità. Grazer infatti ha dichiarato che negli anni Quaranta si era in grado di “far tornare in azione navi gravemente danneggiate dal combattimento nel giro di poche settimane. Oggi è invece impossibile”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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