"Mi baciano il c...". Quella frase di Trump sui dazi e i leader stranieri

"È il nostro turno di fregarli", ha detto il presidente Usa durante una cena per la raccolta fondi a favore dei Repubblicani

"Mi baciano il c...". Quella frase di Trump sui dazi e i leader stranieri
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Donald Trump tira dritto sulla propria strada. "Sono orgoglioso di essere il presidente dei lavoratori, non degli esternalizzatori", scrive sul social Truth in merito all’entrata in vigore dei nuovi dazi che colpiscono 60 Paesi con imposte tra il 10 e il 60%, tranne la Cina (104%). Il presidente che difende Main Street, non Wall Street; che protegge la classe media, non la classe politica; e che difende l’America, non gli imbroglioni commerciali in tutto il mondo". La narrazione è questa: Trump è il presidente del popolo, il leader che difende il lavoro negli Usa e prende di mira chi bada solo alla finanza e alla massimizzazione del profitto, in barba a tutto il resto.

Ma c'è di più. Nel corso di una cena per la raccolta fondi per il partito repubblicano poco prima dell'entrata in vigore dei dazi Trump si è soffermato sui paesi stranieri che, in questa fase, vogliono trattare con lui a tutti i costi, per evitare il peggio: "Questi Paesi ci chiamano, mi baciano il c..., stanno morendo dal desiderio di fare un accordo". Toni sprezzanti, con cui il presidente è abituato ad esprimersi, non solo con i suoi fedelissimi (vedi colloqui con Zelensky nella stanza ovale). La diplomazia, o meglio la diplomazia a cui eravamo abituati, forse non esiste più. O meglio, esiste, ma con schemi mentali diversi rispetto a quelli a cui eravamo abituati. Domina la logica commerciale, il battere i pugni sul tavolo e mostrare i muscoli, finché la controparte cede, in tutto o in parte, piegando le proprie resistenze. È una guerra fisica ma soprattutto psicologica.

Trump sembra quasi infischiarsene della rabbia che può suscitare negli altri. Probabilmente se ne alimenta. Arriva addirittura ad imitare, con la voce, quei leader stranieri che oggi sarebbero disposti a tutto pur di trovare un accordo con il suo Paese. "Per favore, per favore signore, fai un accordo. Farò qualunque cosa signore". Per contro, nella sua narrazione, Trump tiene a far sapere che gli Usa non hanno bisogno di nulla, che possono benissimo fare a meno di tutto e di tutti. Ma sa bene che non è così, basti pensare ai semilavorati alla base della produzione di auto americane, solo per fare un esempio, oppure all'acquisto di titoli di Stato Usa dall'estero (dalla Cina ma non solo). Insomma, Trump bluffa e lo fa abbastanza bene. Tiene a far sapere di sapere "quel che diavolo sto facendo".

Il leitmotiv è questo: "Molti Paesi ci hanno fregato da destra e sinistra, e adesso è il nostro turno di fregarli, e rendiamo il nostro Paese più forte". Amici ed alleati non esistono più. Esiste solo l'interesse a stelle e strisce.

Non tutti sono d'accordo con Trump, anche tra i Repubblicani. Lui lo sa, e non a caso dice loro di fidarsi, mentre li invita a "chiudere gli occhi" e approvare la "grande e bellissima legge" di tagli alle tasse e riduzione della spesa pubblica.

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