New York, il sindaco Adams sotto accusa. Perché è un problema anche per Kamala Harris

Il sindaco di New York è accusato di aver ottenuto tangenti e fondi illegali per la campagna elettorale da fonti straniere. Le accuse penali federali restano ancora segrete

New York, il sindaco Adams sotto accusa. Perché è un problema anche per Kamala Harris
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Erano più meno le 6.00 del mattino sulla East coast quando è iniziata la perquisizione alla Gracie Mansion nell'Upper East Side, residenza ufficiale del sindaco di New York. Poco dopo, il procuratore degli Stati Uniti per il distretto meridionale di New York e i funzionari dell'FBI e del dipartimento investigativo della città hanno annunciato le accuse federali contro Erid Adams, sindaco della Grande Mela.

Le accuse contro il sindaco di New York

La marea delle voci sul 64enne sindaco democratico montava da giorni, tanto da indurre Adams a pubblicare un messaggio video, ieri sera, in cui raccontare delle accuse nei suoi confronti: "Credo che il governo federale intenda accusarmi di crimini federali. Se è così, queste accuse saranno del tutto false, basate su bugie". Adams, che si è dichiarato "non colpevole", è oggetto di un'indagine che risale al 2021 circa possibilità che il sindaco e la sua campagna abbiano cospirato con il governo turco per ricevere donazioni straniere illegali; inoltre, sulla possibilità che Adams abbia fatto pressione sui funzionari del Dipartimento dei vigili del fuoco affinché approvasse l'apertura di un consolato turco in un grattacielo a Manhattan, nonostante gli evidenti problemi di sicurezza.

Adams si candida per un secondo mandato, in una primaria democratica molto competitiva, il prossimo giugno. Quattro importanti democratici sono già entrati in gara, accusandolo di essere un pessimo manager, reo di non aver saputo affrontare la crisi in cui versa la città. Anche prima della notizia dell'incriminazione del sindaco -che tecnicamente non è costretto a dimettersi- importanti funzionari eletti avevano già chiesto le sue dimissioni, in particolare la rappresentante Alexandria Ocasio-Cortez di New York. Ma dopo la notizia delle accuse, le richieste di dimissioni sono rapidamente aumentate. Se il tutto, poi, accade a poche settimane dalle elezioni Usa, la vicenda rischia di trasformarsi in una bomba a orologeria.

Perché la vicenda è un problema per i dem

Ma soprattutto, in una grossa tegola per la campagna elettorale di Kamala Harris. La madre di tutte le ragioni è ovvia: uno scossone nel partito, con tanto di cospirazione con un Paese estero, e che coinvolge la città simbolo dell'America nel mondo, indubbiamente si abbatte come un ciclone in casa dem. Non solo, ma logora ulteriormente i rapporti fra quest'ultimo e i democratici. Durante la sua dichiarazione registrata, Adams si è scagliato contro il governo federale (che controlla il Dipartimento di Giustizia, fra le altre cose), accusandolo di "non aver fatto nulla, poiché le sue politiche sull'immigrazione fallimentari hanno sovraccaricato il nostro sistema di accoglienza senza alcun sollievo".

Ma c'è poi un meccanismo tecnico che potrebbe affliggere i numeri delle elezioni del prossimo novembre. L'indagine penale potrebbe portare alla sua sostituzione come uno dei 28 elettori presidenziali democratici dello Stato, all'interno del famigerato Collegio Elettorale, che "convalida" i risultati del voto popolare. Questo significa che esiste una remota possibilità -gli Usa ci stanno dimostrato che ormai nulla è impossibile- che Adams possa comportarsi come un elettore "infedele", non votando per Harris, come ripicca per l'indagine federale nei suoi confronti. Lo scenario da incubo che si scatenerebbe nel Collegio, che richiede almeno il risultato 270-268 per assegnare la Casa Bianca, è che Adams trasformi il pallottoliere in un 269-269.

L'ipotesi di voto "infedele"

Harris, tuttavia, dovrebbe mantenere la roccaforte democratica a novembre. L'ultimo sondaggio del Siena College condotto dall'11 al 16 settembre tra 1.003 probabili elettori ha mostrato che la vicepresidente aveva un vantaggio di 13 punti su Donald Trump a New York (55% contro 42%). Negli Stati Uniti non esistono norme specifiche che puniscano gli elettori infedeli, ma le casistiche vengono disciplinate dai singoli Stati e dalle loro leggi.

Nel settembre 2023, la governatrice di New York Kathy Hochul ha firmato una serie di progetti di legge per rafforzare il processo democratico nello Stato: fra questi, una norma che include il divieto agli "elettori infedeli" di influenzare l'esito di un'elezione presidenziale, non dando il proprio voto al candidato presidenziale che riceve più voti.

Chiunque venga sorpreso a esprimere il proprio voto elettorale per un candidato che non ha ottenuto il maggior numero di voti sarà costretto a dimettersi. Una norma che potrebbe salvare il risultato, ma non le elezioni dall'ennesimo caos a suon di riconteggi, accuse reciproche, allarmi frodi e Corte Suprema.

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