Nuova battuta d’arresto nei rapporti diplomatici tra Cina e Stati Uniti. Pechino ha dichiarato di aver sospeso le discussioni con Washington sul controllo degli armamenti e sulla non proliferazione nucleare, specificando che la decisione è stata una ritorsione per la vendita di armi da parte degli americani a Taiwan.
“Gli Stati Uniti hanno ignorato la ferma opposizione della Cina e hanno adottato una serie di misure che ne minano gravemente gli interessi fondamentali”, ha dichiarato il portavoce della diplomazia del gigante asiatico Lin Jian. “Per questo motivo la Cina ha deciso di sospendere i negoziati con gli Stati Uniti in vista di un nuovo ciclo di consultazioni sul controllo degli armamenti e sulla non proliferazione nucleare”. Il rappresentante del ministero degli Esteri ha anche sottolineato che il governo di Pechino è disposto a mantenere la comunicazione con gli Stati Uniti “sulla base del rispetto reciproco”, a patto che la Casa Bianca rispetti gli interessi della Cina e crei “le condizioni necessarie per il dialogo”.
Il Dragone ha regolarmente denunciato in passato la vendita di armi americane a Taiwan, che considera una sua provincia ribelle, e più in generale qualunque azione di Washington volta a dare all’isola una parvenza di legittimità internazionale. Nel mese di giugno, gli Stati Uniti hanno approvato la vendita di attrezzature militari a Taipei per un valore di circa 300 milioni di dollari.
Nel marzo scorso, i rappresentanti di Washington e Pechino si sono ritrovati attorno al tavolo dei colloqui informali per la prima volta dopo cinque anni. In quell’occasione, i delegati cinesi avevano ribadito il disinteresse del loro governo nel voler raggiungere “la parità nucleare, con voi (gli Stati Uniti, ndr), tanto meno la superiorità”. Da parte loro, gli americani hanno voluto discutere il mantenimento da parte del gigante asiatico della politica di no-first-use e di deterrenza minima, ovvero il possesso di un numero di armi atomiche sufficienti a dissuadere i propri avversari da un attacco. Al termine di quel round di colloqui, era stata programmata un’altra riunione per il 2025 e il dipartimento di Stato Usa aveva espresso i suoi dubbi sull’intenzione di Pechino di “impegnarsi concretamente” nelle discussioni sul suo sviluppo nucleare.
Secondo le stime della Difesa americana, la Cina avrebbe a sua disposizione 500 testate atomiche operative, destinate probabilmente ad arrivare a 1000 entro il 2030.
Dall’inizio degli anni Venti del secondo millennio, inoltre, le forze armate della Repubblica popolare hanno modernizzato il loro arsenale avviando la produzione di nuovi sottomarini armati di con missili balistici, testando vettori ipersonici e conducendo regolari pattugliamenti marittimi con vascelli dotati di testate nucleari.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.