Trump scalda il Gop: la strategia moderata (e l'assegno di Musk)

Domani la convention: il tycoon "soft"I media: "Da Elon una somma rilevante"

Trump scalda il Gop: la strategia moderata (e l'assegno di Musk)
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Appena pochi mesi fa, a gennaio, Donald Trump era ancora alle prese con i suoi tanti guai giudiziari, con le polemiche che dal 2021 accompagnano ogni anniversario dell'assalto al Congresso da parte dei suoi sostenitori, e si apprestava ad affrontare le primarie con le casse sofferenti per le spese legali milionarie e affatto sicuro della vittoria. La leadership del tycoon era insidiata da destra (Ron DeSantis) e dal centro (Nikki Haley) da candidati che promettevano di traghettare il Gop verso una nuova stagione, depurata dal «drama» (e dal caos) che ha finora caratterizzato la parabola politica di Trump. Da domani, a Milwaukee, l'ex presidente si presenta alla Convention repubblicana come dominus assoluto del partito (come vice presidente ha insediato la nuora Lara Trump, moglie del figlio Eric), le primarie vinte con 17 milioni di voti (oltre il 76%), le casse della campagna più che floride. Elon Musk, che per un po' aveva flirtato con DeSantis, ha appena donato una «sostanziale» somma di denaro a uno dei Pac (comitati di azione politica) che sostengono il tycoon, mentre i grandi finanziatori Democratici hanno congelato 90 milioni di dollari di fondi, in attesa che Joe Biden annunci l'uscita di scena.

Per i guai giudiziari di Trump ci ha pensato (e ci penserà) la decisione della «sua» Corte Suprema, che ha accordato ai presidenti (e agli ex) una sostanziale immunità. Nella città di Happy Days e dell'Harley Davidson, nel cuore del Midwest, «The Donald» verrà incoronato per la terza volta candidato alla Casa Bianca. Segno che il suo ciclo politico, la stagione «Maga», non si è ancora concluso e agli interpreti stonati (DeSantis, appunto), gli elettori trumpiani hanno preferito l'originale. Con intelligenza, Trump ha mantenuto in queste settimane, per i suoi standard, un profilo basso, disciplinato. Lo stesso messo in mostra nel dibattito tv di Atlanta del 27 giugno. Da allora, l'attenzione dei media è tutta concentrata sulla clamorosa debacle di Biden e sulla crisi interna ai Democratici. Basta questo. I sondaggi certificano che il tycoon ha aumentato il suo vantaggio a livello nazionale (+6 punti) e in almeno tre degli swing State che a novembre saranno decisivi: Arizona, Georgia e Nevada. Nel frattempo, Trump ha approvato la piattaforma Repubblicana. Radicale su temi come immigrazione - «Ci sarà la più grande deportazione nella Storia Usa» - ma moderata sul welfare. «Non taglierò un centesimo a Medicare e Medicaid», ha promesso. E molto «soft» su temi

etici come l'aborto: escluso il divieto a livello nazionale, a dispetto delle richieste che giungevano dagli ambienti più conservatori. «È materia degli Stati», è la posizione di Trump, che ha anche preso le distanze dal controverso Project 2025, il piano messo a punto dall'Heritage Foundation per ridisegnare la mappa del potere federale a vantaggio della Presidenza: «Non so chi siano e non ho nulla a che fare con loro», ha chiarito.

C'è da aspettarsi quindi una Convention nella quale le questioni più controverse, come il negazionismo del risultato elettorale 2020 o la difesa a oltranza dei «patrioti» del 6 gennaio saranno messe da parte, rispetto a un messaggio più rassicurante, in grado di conquistare il fondamentale elettorato moderato e indipendente.

Anche Meta di Mark Zuckerberg ha preso atto di quanto la scena politica sia cambiata negli ultimi mesi e ha annunciato la fine delle restrizioni che ancora erano imposte agli account Facebook e Instagram di Trump. Non che il tycoon ne abbia avuto bisogno per riconquistarsi la scena.

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