Trump torna sulla scena con un'Europa smarrita

L'ideologia delle sinistre occidentali sembra aver smarrito il contatto con le necessità dell'elettorato

Trump torna sulla scena con un'Europa smarrita
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Qual è il destino dell'Europa ora che ha vinto Trump? Quali sono le ragioni della sua vittoria? Quale sarà il futuro europeo? Davvero l'Europa è l'unica unione che l'Africa ha avuto il coraggio di invadere? Alcuni sostengono che Trump sia antiamericano, ma è innegabile che sia stato eletto dagli stessi americani. Ciò potrebbe indicare che gli Stati Uniti stanno attraversando un profondo cambiamento ma come ci ricorda Eraclito: «non ci si può bagnare due volte nello stesso fiume». D'altronde l'influenza della rivoluzione digitale, che ha toccato gran parte della popolazione mondiale, non poteva risparmiare proprio gli americani, che hanno contribuito in modo significativo allo sviluppo di Internet. Ma Trump ha vinto perché, in risposta alle esigenze di sicurezza e stabilità, ha fornito soluzioni concrete, o almeno percepite come tali: meno immigrazione, maggiore protezione dei posti di lavoro, e una politica estera più isolazionista. Più semplicemente, a differenza del partito democratico, ha incarnato con una leadership chiara le esigenze degli americani che esistono.

Al contrario, l'ideologia delle sinistre occidentali sembra aver smarrito il contatto con le necessità dell'elettorato. Piuttosto che ascoltare le ansie concrete dell'uomo comune, hanno perseguito la visione di un homo novus consumptor, privo di radici culturali e sociali e plasmato da valori globalisti. Questa trasformazione antropologica, orientata a creare un uomo consumatore universale, lascia però un vuoto nella sua identità che i leader come Trump colmano con soluzioni meno astratte.

Guerre a parte, il destino dell'Europa è incerto tra preoccupazioni legate ai flussi migratori e un «politically correct» che impedisce di reagire. L'élite europea ha un interesse alle materie prime che converge con l'interesse delle élite africane all'emigrazione della propria opinione pubblica. D'altra parte, a noi che viviamo in democrazie liberali riesce naturale assecondare l'opinione pubblica dei paesi con governi autoritari. E siccome abbiamo così tanti diritti pensiamo sia un peccato non condividerli con altri. In questo contesto, l'Italia ha un vantaggio.

Se il nostro sistema educativo ha mantenuto una sua razionalità, è grazie all'impostazione cartesiana del ministro Gentile, che ha confinato la logica al suo giusto posto. È per questo che nelle nostre scuole insegniamo ancora il teorema di Pitagora e le Guerre Puniche. In realtà il nostro mondo è fallito proprio perché si affida alla logica. Ma la logica è fallace perché è basata sul linguaggio che è a sua volta fallace. E quando ci si affida alla logica spesso si scade nel sillogismo. Credere nella logica affrontando i fenomeni culturali significa confondere la realtà del mondo con la sua narrazione.

Il risultato è che, volendo riconoscere a tutti i diritti che appartengono all'intera umanità, ci ritroviamo invasi da una massa di persone che i diritti non sanno neppure cosa siano. E proprio l'impossibilità di individuare una soluzione logica sul come porre freno al fenomeno dell'immigrazione dimostra che questo dovrebbe essere invece risolto sul piano politico e culturale. E affrontarlo sul piano logico-linguistico ci conduce al fallimento con il quale per arrestare l'immigrazione dovremmo rinunciare ad essere un «paese sicuro».

E forse anche in Europa è arrivato il momento di abbracciare un'identità politica più pragmatica, meno ancorata al linguaggio delle astrazioni e più vicina alle sfide concrete dei suoi cittadini. Altrimenti le élite europee rischiano la fine dei nobili prima della Rivoluzione francese, convinti di poter mungere mucche profumate con secchi d'argento.

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