Gli Stati Uniti scelgono il loro nuovo presidente. In ciascuno dei 50 stati (più il District of Columbia della capitale Washington) si eleggono i "grandi elettori" che poi saranno chiamati a scegliere il nuovo inquilino della Casa Bianca. L'elezione, dunque, è indiretta. Non vince chi ottiene più voti popolari, complessivamente, ma chi supera la fatidica soglia, ossia 270 grandi elettori, su un totale di 538. Nella malaugurata ipotesi che la partita dovesse finire in assoluta parità, 269 pari, a decidere il presidente sarebbe il Congresso. Occhio a non confondere i colori nella mappa elettorale: gli stati rossi sono quelli che andranno ai repubblicani, mentre il blu è il colore dei democratici.
Perché si vota di martedì
È un retaggio storico. Dopo l’indipendenza ogni Stato dell’Unione stabiliva la data delle elezioni, che dovevano tenersi nei 34 giorni precedenti al primo mercoledì di dicembre. Entro quella data dovevano concludersi le votazioni in tutti gli Stati. Ma questa libertà generava un enorme caos. Per questo motivo nel 1845 si decise di uniformare la data del voto e il Congresso stabilì che i cittadini americani aventi diritto (all’epoca solo bianchi, proprietari terrieri e maschi) di votare il martedì seguente al primo lunedì di novembre. Le ragioni furono soprattutto pratiche: la maggior parte degli elettori, infatti, viveva in aree rurali e per raggiungere il seggio serviva almeno un giorno di viaggio in carrozza o a cavallo. Furono esclusi quindi la domenica, dedicata al riposo e alla preghiera, e il lunedì, proprio perchè non ci si poteva mettere in viaggio di domenica. Il mercoledì fu escluso in quanto giorno di mercato e e il giovedì avrebbe presentato lo stesso problema di spostamento (ovvero muoversi il giorno precedente per raggiungere il seggio). La scelta considerata più comoda dunque fu quella del martedì.
Fino a che ora si vota
A causa dei dei diversi fusi orari, dalla costa Est sull'oceano Atlantico fino alle isole Hawaii nel Pacifico, saranno diversi gli orari di chiusura dei seggi. I primi a chiudere Indiana e Kentucky (a mezzanotte ora italiana), poi all'una di notte Virginia, Vermont, Georgia, South Carolina e Florida. Alle 2 Pennsylvania e Michigan, due tra i sette stati considerati in bilico. E sempre a quell'ora le prime proiezioni. Alle 6 del mattino (in Italia) chiuderà l'Alaska.
Gli stati chiave
Sette stati sono considerati "decisivi", perché in bilico fino all'ultimo. Vediamo quali sono: Arizona, Georgia, Michigan, Nevada, Nord Carolina, Pennsylvania e Wisconsin. Per diversi analisti a fare la differenza sarà la working class nella cosiddetta "Rust Belt" (la "cintura di ruggine"), ossia gli stati del nord-est, quegli stessi che furono decisivi nel 2016 per il successo di Trump. Rispetto al passato è cresciuto in modo considerevole il peso delle minoranze a cominciare dalla comunità afroamericana e ispanica.
Non si vota solo per la Casa Bianca
I cittadini americani votano anche per rinnovare la Camera dei rappresentanti (435 membri) e un terzo dei senatori (34). Ad oggi i repubblicani controllano il Senato (59 contro 49) mentre i democratici hanno la maggioranza alla Camera. Si voterà anche per diversi referendum: 150 sono i quesiti, distribuiti su 41 stati. Diversi i temi: dal diritto all'aborto alla legalizzazione della marijuana. Al voto anche per eleggere 11 governatori statali.
Il voto in anticipo
Sono sempre più numerosi gli elettori che eswercitano il loro diritto in anticipo, di giorni ma
in alcuni casi anche di settimane. Lo fanno spedendo la loro scheda per posta oppure inserendola in un'apposita urna predisposta per l'occasione. Si calcola che abbiano già votato, quest'anno, più di 78 milioni di persone.
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