Europa al bivio tra le vera rappresentanza e una "mera espressione geografica"

Servono regole nuove pure per la presidenza di turno

Europa al bivio tra le vera rappresentanza e una "mera espressione geografica"
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Almeno un merito Viktor Orbán lo ha: rendere evidente che nell’Unione Europea c’è qualcosa che non va.
L’idea o la provocazione del premier ungherese di recarsi come presidente di turno della Ue da Putin, senza mandato e senza avvertire nessuno, ha reso palese uno dei tanti bachi che minano l’ordinamento europeo. Un capo di governo che per un semestre ha il ruolo di rappresentare l’Unione, a quanto pare, può decidere ciò che vuole senza incorrere in sanzioni. Di fatto a vedere il comportamento di Orban e le conseguenze che potrebbe subire per il suo gesto (nessuna), il presidente di turno della Ue può interpretare il proprio ruolo come meglio crede, senza nessun tipo di penalità.
La questione va ben oltre, quindi, la gita a Mosca e il colloquio con Putin del presidente ungherese proprio mentre la Ue si fa in quattro per costringere lo Zar ad un ravvedimento fornendo armi a Kiev e comminando sanzioni alla Russia. Si tratta di un tema generale che investe l’identità stessa dell’Unione, il rapporto tra i 27 paesi, la stessa concezione della democrazia e il ruolo di rappresentanza perché un presidente di turno della Ue non può decidere da solo un’iniziativa che gli altri 26 paesi, o comunque la loro maggioranza, e innanzitutto la commissione europea contestano. Simili forzature non le può fare neppure il presidente della bocciofila o del circolo degli scacchi rispetto ai propri soci, pena la destituzione. Invece nell’Europa che spesso è rappresentata con una cascata di retorica, a quanto pare l’unica regola è l’anarchia e quando si assume un ruolo di rappresentanza dell’Unione, sia pure per un tempo limitato, lo si svolge privilegiando quelli che si considerano gli interessi nazionali rispetto a quelli europei.
Con Orban siamo all’apoteosi del sovranismo.
Considerazioni che si portano dietro due corollari. Il primo riguarda il ruolo internazionale dell’Europa: che peso può avere l’Unione a livello globale se uno dei capi di governo dei 27 paesi può quando gli capita il ruolo di presidente di turno, stravolgere almeno dal punto di vista mediatico la politica dell’Unione magari facendo un cambio di rotta di 180 gradi. Ed ancora: sono mesi che ci si interroga sulle possibili infiltrazioni russe, sulle pressioni e i condizionamenti che Mosca può esercitare sull’Unione, quando un premier affascinato da Putin può andare tranquillamente al Cremlino e spendere la parola dell’Europa in favore della pace che gradisce lo Zar e magari poi partecipare al vertice della NATO anche come presidente Ue. L’apoteosi dei paradossi.
Tutto questo per dire che grazie ad Orban ormai è evidente a tutti anche agli struzzi, che un’Europa in queste condizioni conta ben poco: prima il presidente ungherese ha dimostrato che il veto di un piccolo Paese può bloccare per mesi la volontà degli altri 26 Stati; adesso che ad un qualsiasi premier basta aspettare il proprio semestre di presidenza dell’Unione per capovolgere il messaggio del vecchio continente al mondo. Senza le riforme, senza passi in avanti del processo di unificazione, l’Europa rischia davvero di essere solo un’espressione geografica che cambia colore a seconda del presidente di turno.

Di questo dovrebbero ragionare i 27 Paesi e il Parlamento europeo, queste dovrebbero essere le questioni pregiudiziali su cui formare una maggioranza e decidere gli equilibri dell’Unione e non certo le dispute ideologiche tra sinistra, liberali e destra che nei momenti decisivi lasciano sempre il tempo che trovano.

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