
La novità è che l'Italia non è l'Ungheria, e che le annunciate leggi ungheresi su gay non sono quelle italiane: è tutto. Chiedere conto al governo italiano di quello che combina il governo ungherese, soprattutto ora, prima di una missione negli Stati Uniti che non pare irrilevante, è un modo di fare opposizione che definire velleitario è cosa gentile. Una parte della sinistra tuttavia ha ritenuto di dover chiedere immediatamente «cosa pensano Meloni, Tajani, Salvini e tutto il governo della modifica costituzionale approvata in Ungheria, dove governa il loro alleato Orban»: questo prima ancora di chiederlo alla commissione Ue, che si è espressa solo ieri con un comunicato peraltro attendista.
Il vizio di accostare il governo a una cosiddetta «deriva ungherese» è parte di un riflesso condizionato che tecnicamente non ha ragion d'essere, a meno di ritenere che qualsiasi governo mondiale di destra o centrodestra (facciamo prima: non di sinistra) sia accomunato da intenti ideologici o legislativi: e non pare proprio.
È forte la tentazione di ricordare quando le denunce sul sovraffollamento e sui metodi costrittivi delle carceri ungheresi (caso Salis) si scontrarono con una condizione italiana anche peggiore: ma, fermandoci al nodo in questione, in Italia i rapporti tra persone dello stesso sesso non sono più puniti per legge dal 1º gennaio 1890 (Codice Zanardelli) e le persone transgender possono cambiare sesso dal 1982. Da noi nessuno si sogna di inibire il diritto di libera manifestazione e, in sostanza, di vietare i gay pride, ai quali, se non piacciono, basta non aderire. Tantomeno, in Italia, nessuno si sogna di tracciare e multare i partecipanti ai gay pride (quindi, presumibilmente, di schedare i gay) tramite il cosiddetto riconoscimento facciale come in Ungheria già facevano per sospettati e criminali. In Italia, diversamente dall'Ungheria, le persone transgender possono cambiare il loro genere giuridico e possono modificare il proprio sesso nel registro civile e nell'atto di nascita.
Il primo ministro Viktor Orbán, invece, cinque anni fa, ha dichiarato personalmente che in Ungheria il sesso non è modificabile. Da noi, anche se non piace a tutti, non è proibito diffondere anche nelle scuole informazioni sull'omosessualità o sul cambio di sesso. Insomma l'Italia non è l'Ungheria, da noi non è stata approvata una modifica costituzionale per limitare il matrimonio alle sole coppie formate da individui di sesso opposto: anche se è vero che mancano specifiche norme sulle adozioni da parte di omosessuali e il riconoscimento di un loro matrimonio egualitario.
Una cosa invece è vera, o dovrebbe esserlo, nell'accostamento tra l'Italia e la legge costituzionale magiara: la pretesa di occuparsi dei diritti dei bambini.
Da noi, infatti, la facoltà di cambiare genere (sesso) è prevista anche per i bambini che si ritengano affetti da cosiddetta disforia di genere, cioè che si sentano a disagio nel loro sesso biologico: così, molto disordinatamente, in Italia si fa ricorso a ormoni cross-sex e bloccanti della pubertà quando persino l'iper-progressista sanità britannica li ha recentemente vietati. Proprio perché l'Italia non è l'Ungheria, si spera che si occupi almeno di questo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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