Sulla scena europea, Giorgia Meloni è stata l'unico capo di governo dei grandi Paesi dell'Ue a godersi un netto successo nelle recenti elezioni. E da domani, quando si apriranno i lavori del G7 di Borgo Egnazia, avrà l'opportunità di muoversi su un palcoscenico ancora più importante. Con una tempistica che per la premier non potrebbe essere migliore, visto che la vittoria alle Europee e il contemporaneo tracollo di Emmanuel Macron ed Olaf Scholz non fanno che rendere più solido il suo ruolo in Europa e più salda la sua presidenza del vertice dei Sette grandi che si terrà tra gli ulivi della Puglia. Un ruolo di primo piano, perché sarà a Meloni che spetterà il compito di trovare una posizione di sintesi sui dossier più importanti, a partire dall'utilizzo dei beni russi congelati a favore dell'Ucraina e dall'uso delle armi fornite a Kiev.
Certamente un test impegnativo per la premier, che però si presenterà all'appuntamento forte di una solida maggioranza in casa dopo quasi un anno e mezzo di governo (caso più unico che raro) e di un peso internazionale che in molti non davano per scontato quando iniziò la sua avventura a Palazzo Chigi. «Quello stesso establishment che rabbrividì quando nel 2022 diventò primo ministro, ora la considera un partner pragmatico e un attore cruciale su questioni internazionali fondamentali», scriveva ieri il The New York Times. Insomma, è la sintesi del quotidiano liberal newyorkese, «rafforzata dalle elezioni», ora «Meloni si gode i riflettori del G7». Una lettura su cui ieri concordavano altre testate autorevoli, dalla tedesca Frankfurter Allgemeine Zeitung al The Times («Meloni interpreterà il ruolo di kingmaker a Bruxelles», è il titolo di un'analisi del quotidiano londinese).
Per la premier che è volata a Borgo Egnazia già lunedì per staccare dalla campagna elettorale e preparare la tre giorni del summit sarà dunque un appuntamento decisivo. Con un G7 che, peraltro, questa volta si muoverà su un doppio binario. Il primo è quello del programma ufficiale, su cui sono da mesi al lavoro gli sherpa delle rispettive delegazioni, che si snoderà su sei sessioni di lavoro (tra cui Africa-clima-sviluppo, Medio Oriente, Ucraina e migrazioni, oltre a un segmento di outreach su energia e intelligenza artificiale). Il secondo binario, forse destinato a restare più nel retro della scena, è la trattativa sui nuovi vertici delle istituzioni comunitarie alla luce delle elezioni di sabato e domenica. Certo, non si prenderanno decisioni, perché al G7 non partecipano tutti i 27 capi di Stato e di governo dell'Unione europea (che si vedranno invece lunedì sera a Bruxelles). Ma è evidente che la presenza contemporanea di Ursula von der Leyen (presidente della Commissione Ue uscente e spitzenkandidat del Ppe), Charles Michel (numero uno del Consiglio europeo) e dei leader dei tre Paesi più grandi dell'Unione - Germania, Francia e Italia - sarà l'occasione per un primo giro d'orizzonte. Nella tre giorni pugliese, infatti, Meloni avrà incontri bilaterali (è prevista una sessione ad hoc di due ore mezza sabato mattina) sia con von der Leyen che con Scholz e Macron, usciti pesantemente ammaccati dalla tornata elettorale. E da quei colloqui si inizierà a capire se davvero, come sembra, la strada per un Ursula-bis sia meno in salita di quanto sembrava fino a qualche settimana fa. Di certo, c'è che al momento la premier non sembra avere troppa fretta. Non solo perché - come ha detto - «il nome deve arrivare dal Ppe». Ma anche perché le elezioni legislative francesi del 30 giugno (con ballottaggio il 7 luglio) possono condizionare non poco.
È vero che Macron ha già detto che comunque vadano non lascerà in anticipo l'Eliseo - e dunque sarà sempre lui a partecipare ai Consigli europei - però è chiaro che una vittoria di Marine Le Pen peserebbe sul quadro complessivo. È anche per questa ragione che la premier è in attesa delle mosse del Ppe da una parte e di Macron (che deve decidere se trattare il futuro presidente della Commissione Ue in piena campagna elettorale) dall'altra.
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