A quasi un mese dall'entrata in vigore del decreto firmato da Matteo Piantedosi, in Gazzetta Ufficiale dal 2 gennaio e in vigore dal 3, si può fare un primo bilancio. Se è vero, com'è vero, che rispetto allo scorso anno il numero è pressoché raddoppiato (da 2.250 a 4.452) nel totale, è anche vero che quelli sbarcati dalle Ong sono, invece, dimezzati, da 922 a 442, considerando anche quelli che sbarcheranno tra poche ore a La Spezia e Carrara. A bordo della Geo Barents viaggiano in 237, ma sarebbero stati 69 se la nave avesse effettuato un solo salvataggio e non 3, di cui 2 successivamente all'assegnazione del porto di La Spezia, contrariamente a quanto disposto dal decreto. Può non piacere alle Ong e alla sinistra, ma il decreto Piantedosi funziona.
La stretta sulle Ong
L'assegnazione dei porti è un continuo motivo di lamentele per le Ong, insofferenti al fatto che ora sia l'Italia a scegliere dove sbarcare i migranti che trasportano e a organizzare l'accoglienza. Fino a che l'esecutivo eletto il 25 settembre non si è insediato e non è diventato operativo, erano le organizzazioni a decidere dove portare i migranti, premendo per giorni contro i confini della Sicilia fino ad avere aperto un porto di loro gradimento. Ora che il governo ha cambiato strategia, dislocando i migranti nei porti del nord per alleggerire la pressione su quelli del sud, dove già gravano gli sbarchi autonomi, le Ong alzano la voce. Ma nonostante i lamenti e le accuse contro l'Italia, invece di chiedere i porti a Malta o a Tunisi, che sono più vicini e senza le stringenti regole introdotte dal decreto Piantedosi, continuano a fare domanda di Pos al nostro Paese.
C'è da dire anche anche a sfidare il governo ora ci sono solo due navi Una terza, la Sea Eye 4, è salpata pochi giorni fa da Burriana ed entro la fine del mese si troverà Mediterraneo centrale. Le altre restano in porto, fanno roboanti annunci di partenza, come per la Open Arms Uno, ma non partono. La nuova logica di assegnazione dei porti li costringe a maggiori spese di carburanti e di gestione, che evidentemente non vogliono affrontare. E non si nascondono quando si lamentano che in questo modo il governo aumenta i loro costi di operazione, ma non è un problema dell'Italia, visto e considerato che non sono nemmeno navi battenti bandiera italiana. E anche in questa direzione occorrerà fermarsi per ragionare sul da farsi, perché l'Italia non può farsi carico di tutte le navi straniere con i migranti a bordo.
L'Europa alza la testa: rimpatri e più controlli
L'arrivo di Giorgia Meloni ha inevitabilmente cambiato gli equilibri anche in Europa, dove ora qualcosa si muove anche in tal senso e il nodo migranti è diventato una delle priorità dell'agenda. "Questo governo ha sfondato un muro: prima l’Europa si chiamava fuori dai soccorsi in mare, parlava solo di accoglienza. Adesso affronta il problema nella sua totalità e inizia a parlare il nostro linguaggio, responsabilizzando le nazioni a cui appartengono le navi", ha dichiarato Nicola Molteni, sottosegretario agli Interni, a Libero. "Il commissario Ue von der Leyen ha parlato anche di rimpatri più veloci e il Consiglio europeo del 9 e 10 febbraio sarà centrale", ha concluso l'esponente leghista.
E mentre le delegazioni del governo italiano effettuano missioni in nord Africa, dove si è recata anche Giorgia Meloni negli ultimi giorni, ora anche l'Europa ragiona sui rimpatri, com'è emerso dall'incontro informale in Svezia dei ministri degli affari interni. "La situazione sui migranti in Europa è seria. Abbiamo assistito a un aumento degli arrivi irregolari.
Rimpatriare coloro a cui è stato negato lo status di rifugiato nell'Ue è molto importante sul quale ritengo che l'Europa possa agire molto meglio", ha dichiarato Maria Malmer Stenegaard, ministro per la Migrazione della Svezia.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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