A volte la storia è piena di contraddizioni. Mentre i venti della democrazia cominciano a spirare e a mettere in crisi le autocrazie in tutti gli angoli del mondo dall'Iran alla Cina, alla Russia, a due anni dall'assalto di Capitol Hill a Washington, in Brasile i seguaci di un altro sconfitto alle elezioni come Donald Trump, cioè Jair Bolsonaro, irrompono dentro le aule di un altro Parlamento per contestare l'esito di regolari elezioni. Sul fatto che una democrazia radicata come quella americana avrebbe resistito all'attentato non c'erano dubbi; in Brasile, invece, venti anni fa sarebbe potuta finire diversamente ma la popolazione, la polizia e soprattutto l'esercito - a parte qualche sbandamento iniziale - hanno dimostrato di aver introiettato lo spirito democratico.
Nello sforzo di vedere il bicchiere mezzo pieno, si tratta di una buona notizia perché le democrazie sudamericane, considerate tradizionalmente fragili, a quanto pare non sono più tali.
Il bicchiere mezzo vuoto, invece, riguarda un altro aspetto che impone una riflessione più generale. È un po' semplicistico e fuorviante, infatti, liquidare questa vicenda come l'ennesima contorsione sovranista. Se, infatti, per sovranismo si intende mettere al di sopra di tutto l'interesse nazionale, allora non si vede come un sovranista possa mettere in discussione la volontà espressa dal popolo con un voto. Semmai reazioni violente contro quei templi della democrazia che sono i Parlamenti hanno venature autoritarie. Basta pensare al gesto del tenente colonnello Tejero nel Congresso dei deputati spagnolo.
La questione, quindi, è più complessa e investe il tipo di dialettica che si instaura all'interno di un sistema democratico: purtroppo sempre più spesso i protagonisti cedono alla tentazione di delegittimare l'avversario e di ritenere una sconfitta elettorale quasi come l'avvento di un nuovo regime. Un simile atteggiamento, amplificato dall'utilizzo dei social, finisce per innescare meccanismi ingestibili, che vanno al di là delle intenzioni di chi li provoca. Il confronto democratico diventa scontro primordiale e quando si gioca con il fuoco è fatale che appaiano gli sciamani e le divise paramilitari. Più solletichi gli umori peggiori nella società e più l'epilogo rischia di essere cruento. Sono i limiti degli apprendisti della politica - dal miliardario Trump all'ex militare Bolsonaro - che si trasformano in apprendisti stregoni.
Ecco perché certe vicende dovrebbero servire da lezione. Anche da noi il processo di delegittimazione dell'avversario è stato frequente: Silvio Berlusconi ne è stato oggetto per decenni e anche l'ultima campagna elettorale ha visto il Pd agitare contro la Meloni il fantasma del fascismo.
Anche da noi il Parlamento è stato circondato dal popolo viola e dai grillini.
O imbrattato con la vernice come hanno fatto gli attivisti di Ultima Generazione.
Non è successo il peggio, ma resta il fatto che il Parlamento o è un tempio inviolabile per tutti perché rappresenta la nazione e la volontà popolare, o il rischio di vedere anche da noi le immagini di Washington e Brasilia è sempre dietro l'angolo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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