![La politica del Joker. Una risata grottesca seppellirà i nemici](https://img.ilgcdn.com/sites/default/files/styles/xl/public/foto/2025/02/11/1739259076-joker.jpg?_=1739259076)
Forse è così. Non c'è niente di meno rassicurante di una risata.
Che ridere non sia un atto del tutto innocente ce lo suggerisce l'etologia, là dove ipotizza che negli animali, uomo compreso, il riso sia il preludio della ferocia: si scoprono i denti mostrando gli incisivi prima di aggredire. Insomma, si nasconde l'aggressività nelle risa. Del resto, secondo alcuni antropologi, battiamo le mani e l'applauso è ciò che accompagna la risata - perché in origine il fragore doveva coprire le grida della vittima sacrificale. L'essenza diabolica del riso.
Poi c'è il folklore popolare, sempre molto saggio. «A chi troppo ride gli duole il cuore». «Al ridere tien dietro il piangere». «Chi mangia molto riso, beve lacrime». «Chi presto ride, presto piange»...
No. Non è vero, come pensava Dario Fo, che quando un popolo non sa più ridere diventa pericoloso. Un popolo diventa pericoloso quando comincia a ridere sempre. L'allarme arriva da più parti: il carnevale perpetuo in cui viviamo, la società plasmata dal divertimento h24, ci sta trascinando verso il disastro. E come eco di sottofondo si sente la risata sguaiata dei leader politici.
Ecco. Il legame tra comicità e violenza - «Ride chi ha nel cuore l'odio e nella mente la paura» cantava Francesco Guccini, ma forse non c'entra niente è molto più antico e inestricabile di quanto siamo soliti immaginare. E ce lo spiega Guido Vitiello in Joker scatenato. Il lato oscuro della comicità (Gramma Feltrinelli), un saggio che spazia fra arte e politica, cinema e fumetto, letteratura e televisione, mito e storia. Ed ecco la tesi: ci hanno a lungo fatto credere che la risata e i suoi figli (l'umorismo, la comicità, la commedia e persino la satira) siano un formidabile strumento di pace e coesione sociale. Ma non è così. La storia del riso comincia in Occidente quando Tersite, il peggiore tra i guerrieri achei, viene ridicolizzato e picchiato da Odisseo, fra gli sghignazzi dei capi militari, per aver incitato i compagni ad abbandonare l'assedio di Troia. «I nostri antenati scrive Vitiello sapevano bene di giocare con il fuoco, di maneggiare una potenza instabile, fasta e nefasta... Perciò si sforzavano di confinare il riso più selvaggio nel tempo breve della festa e nello spazio circoscritto della scena teatrale. Noi moderni abbiamo aperto la gabbia e sguinzagliamo la belva, consentendole di fare ovunque le sue scorribande». E se c'è un antieroe dell'immaginario popolare che sintetizza il tutto - la natura profonda della risata è la violenza è proprio la maschera feroce di quel Joker, comico fallito e killer spietato, che quando nasce sulle pagine di un fumetto, nel 1940, s'ispira visivamente al sorriso grottesco del personaggio di Gwynplaine nel film L'uomo che ride (1928), poi si ingentilisce nella versione camp di Cesar Romero nel telefilm Batman degli anni '60 e si incupisce allucinato e incattivo quando torna sulle pagine di Batman («The Joker's back in town», 1973) nell'America della guerra del Vietnam e della criminalità dilagante. Poi è un lungo red carpet, tutto sangue e scherzi, calcato di volta in volta, stessa maschera e stili diversi, da Jack Nicholson, Heath Ledger e infine Joaquin Phoenix. Che, nel film, di nome fa Arthur, come un Re, e di cognome Fleck, come una chiazza, forse di sangue, e per lavorare come clown negli ospedali sceglie il nome d'arte Carnival. L'eterno sinistro carnevale della modernità.
Nessuno più del Joker cinematografico, metà terrorista, metà stand-up comedian, incarna il lato oscuro della farsa.
Poi c'è il corollario politico. Il re e il buffone si cambiano continuamente di posto. Da una parte comici famosi si danno a improvvise e fortunate carriere politiche: nel 2018 il comico e imitatore Marjan arec diventa primo ministro della Slovenia, Beppe Grillo manovra la politica italiana per anni, il comico Jimmy Morales nel 2015 diventa presidente del Guatemala e nel 2019 l'attore comico Volodymyr Zelensky dell'Ucraina... (ma già nel 2013 l'episodio «The Waldo Moment» della serie tv Black Mirror prefigurava lo straordinario successo alle elezioni politiche di uno sboccato comico televisivo). Dall'altra i leader politici usano l'umorismo e la comicità per ottenere consenso adottando uno stile da stand-up comedy: Silvio Berlusconi, il primo Re occidentale che sa quando e come indossare i panni dell'Istrione, o Boris Johnson (il Guardian stroncò la sua autobiografia rititolandola «Memorie di un clown»...) e naturalmente Donald Trump, il Re-buffone, il «troll-in-chief», colui che non sa e non vuole scindere il ruolo di Presidente da quello del fool.
La sostituzione farsesca del Buffone al Re - e viceversa è diventata una cosa serissima. Il leader politico è ormai un clown cinico che ha trasformato il sarcasmo in discorso pubblico e nello stesso tempo il pubblico, che emerge dai bassifondi della rete, ha trasformato la critica in un sarcasmo nichilista. In mezzo, i massmedia che giocano con tutti e con tutto, e viene in mente la Chiara Ferragni come Joker sulla copertina dell'Espresso nel marzo scorso, titolo: «Ferragni Spa: il lato oscuro di Chiara».
Conclusioni (pessimistiche e grottesche). Uno: la comicità non è più soltanto un innocuo gas esilarante ma è l'arma con cui si combattono duelli politici all'ultimo sangue e guerre culturali ferocissime (woke contro politicamente corretto, con tanto di meme e odio). Due: la società del divertimento non esiste più. È intossicata, trasgressiva, spietata. Rischia di diventare un boomerang, scatenando guerre e tragedie.
È adesso che Joker mostra la sua maschera più feroce.
Ah: ancora poche righe per segnalare le pagine più interessanti del saggio di Vitiello. L'analisi filologica del dipinto di Francisco Goya La sepoltura della sardina (1812-14) che raffigura una processione grottesca, con cui si seppelliva simbolicamente il periodo di Carnevale, sotto un'insegna recante l'immagine di un sorriso sgangherato, molto alla Joker. L'accenno al Joker che nella serie animata degli anni '90 in alcune scene si rivolge in maniera melliflua al pubblico (e ci vien in mente il Marinelli-Mussolini della serie M. che guarda in macchina, come un capocomico, o il Mussolini di Lui è tornato che diventa un comico tv nell'Italia di oggi). L'excursus sullo sciamano che diventa buffone, che diventa il re di Carnevale, che diventa saltimbanco, che diventa clown, che diventa cabarettista...
Il parallelo Chaplin (il Buffone) e Hitler (il Re). L'elenco dei clown assassini nel cinema, da Pennywise a Terrifier.Un'ultima cosa. Visto il tema, fate attenzione. Come insegnava Neil Postman, sociologo, di un'overdose di divertimento si può anche morire.
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