Padri di famiglia, mariti, ognuno con le proprie storie e passioni. A due giorni dalla tragedia di Calenzano, dei cinque uomini che hanno perso la vita dilaniati dall'esplosione del deposito Eni non restano che pochi resti carbonizzati, ai quali solo l'esame del Dna potrà dare un nome.
Mentre la Procura di Prato indaga e l'hinterland fiorentino fa i conti con un probabile stop ai mezzi pubblici a causa della mancanza di gasolio, negli occhi dei soccorritori c'è ancora lo strazio dei parenti delle vittime, che lunedì sono arrivati a Calenzano alla ricerca dei propri cari. Col passare delle ore la situazione si è mostrata in tutta la sua gravità, con un bilancio di cinque morti e tre feriti: a Vincenzo Martinelli il primo a essere stato identificato si sono aggiunti Davide Baronti, Franco Cirelli, Carmelo Corso e Gerardo Pepe. Al momento dell'esplosione, alcuni erano alla guida di autocisterne nell'area della pensilina di carico e altri erano parte della squadra di manutenzione arrivata dalla Basilicata. Martinelli, 53 anni, originario di Napoli, viveva a Prato dal '98: divorziato, aveva due figlie, che accompagnava sempre ai corsi di ballo. I colleghi lo ricordano come «una persona per bene e un gran lavoratore», appassionato di caccia e amante della natura, mentre sui social tanti amici hanno passato in rassegna i momenti passati insieme. «Ora potrai riabbracciare il tuo caro papà e vegliare da lassù le tue bambine», scrive qualcuno. Nel caso di Davide Baronti, invece, a far stringere il cuore dei soccorritori è stata l'odissea della moglie, che lunedì ha fatto la spola tra tutti gli ospedali della zona sperando che qualcuno avesse accolto il marito: «Avete visto Davide, ha tre tatuaggi, di cui due con i nomi dei figli», ha chiesto a medici e infermieri, fino a rassegnarsi all'idea che non avrebbe più visto il suo amato. Originario di Novara, 49 anni, Davide viveva a Bientina (Pisa): padre di due bambini, aveva come passione la montagna.
La Spoon River del deposito Eni prosegue con Franco Cirelli: anche lui sposato e padre di due figli piccoli, viveva a Cirigliano, in Basilicata. La sua passione era il calcio. Prima di lavorare come autotrasportatore aveva fatto parte della Brigata paracadutisti «Folgore», con cui era stato in Somalia nel '95-'96. Da Catania veniva invece Carmelo Corso, entrato nel deposito Eni appena 4 minuti prima dell'esplosione: aveva 57 anni e viveva proprio a Calenzano, dove aveva lavorato come guardia giurata a Eni prima di diventare autista della Rat (Raggruppamento Autotrasportatori Toscani). I suoi colleghi lo ricordano come «un grandissimo lavoratore e un uomo molto esperto».
Infine Gerardo Pepe, di Sasso di Castalda (Potenza): era nato in Germania, dove i suoi genitori erano emigrati per lavorare. Lascia una figlia di 12 anni. Sono ancora nel centro ustioni di Pisa, in condizioni gravi, Luigi Murno, 37 anni, e il camionista livornese Emiliano Braccini, 51 anni.
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