Scossa tellurica nel mondo della moda alla vigilia delle vacanze: Armani comunica la decisione di spostare nella capitale francese il prossimo settembre il défilé della collezione Emporio e lo scacchiere del calendario di Milano si scompagina. «Questa stagione, eccezionalmente, ho deciso di presentare la collezione Emporio Armani a Parigi. I restyling del negozio e dell'Emporio Armani Caffè di Saint-Germain sono stati l'occasione per ripensare il luogo e il momento dello show» comunicava ieri in una nota lo stilista che di recente aveva ribadito di non voler essere più lui a chiudere, come ha sempre fatto, la fashion week milanese. Con il bel risultato di vedere sempre la stampa straniera correre per spostarsi su Parigi vanificando il lavoro di sei mesi e l'impegno di migliaia di persone, oltre seimila, dipendenti del gruppo. Questa decisione suona perciò come un atto di forza e fa temere ricadute non certo positive. Perché se al posto di Emporio, re Giorgio posiziona la sfilata Giorgio Armani, non sarà lui a chiudere. E chi allora? Salterà definitivamente l'ultimo giorno di sfilate, già molto debole? Tanti ricordano ancora quando Armani nel 1988, proprio in occasione dell'inaugurazione dell'Emporio a Saint Germain e dei mille ostacoli che gli abitanti del quartiere e le autorità gli avevano creato, tuonò: mai più a Parigi. Poi le cose si appianarono, il designer da anni sfila la sua linea Privée nella Ville Lumière e ora organizza un evento imperdibile. «Armani è sempre molto corretto, ci ha avvertiti in tempo e noi comprendiamo bene le sue ragioni in quanto tutte le aziende in questo momento vogliono sorprendere. Certo è molto coraggioso: Parigi di questi tempi non è uno dei luoghi più tranquilli» dice Carlo Capasa, presidente della Camera Nazionale della Moda Italiana quando gli chiediamo che aria tira a proposito delle prossime sfilate di Milano. «Il calendario non è pronto, ci stiamo lavorando, stiamo dialogando con tutti e cercando soluzioni. Non è facile sistemare le cose in così poco tempo». Insomma all'orizzonte non s'intravede nulla di costruttivo e di vantaggioso per tutto il sistema italiano che dovrebbe difendere con le unghie e con i denti la fashion week di Milano ma ancora non ci riesce. «Sicuramente dalla prossima stagione qualcosa cambierà: lavoriamo affinché ogni giornata del calendario sia interessante e significativa, compreso il lunedì» aggiunge Capasa. Intanto altrove le cose viaggiano in modo decisamente diverso seguendo la logica di attrarre quanti più giornalisti internazionali è possibile.
Il calendario di New York per esempio apre questa volta il 7 di settembre con la sfilata di Tom Ford non uno qualunque costringendo tutta la stampa che conta a essere presente nella Grande Mela. Chiude il giorno 15 con un altro grande, Marc Jacobs. Nove giorni, almeno un paio di nomi importanti al giorno. Meditate gente meditate.
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