È guerra nei cieli di Linate: riapre, non riapre, quando riapre. Chi decide è il ministro dei Trasporti, che dovrà metter mano alla materia entro il 14 luglio, data di scadenza dell'attuale decreto. Ma ci sono due forze contrapposte a sostegno delle due tesi, che anche ieri hanno incontrato il ministro Paola De Micheli. Alitalia vorrebbe riaprire al più presto, «Linate fa parte del nostro dna, è il nostro habitat» assicura la compagnia, rendendosi pronta a ripristinare i voli appena possibile, abbandonando Malpensa dove temporaneamente sono operativi i voli. La Sea frena sulla base di un ragionamento squisitamente economico: se non c'è domanda perché devo aumentare l'offerta? Sarebbe un aggravio delle perdite che l'emergenza ha già provocato in quantità. Ma sullo sfondo ci sono anche due atteggiamenti, uno più, come dire, disinvolto, l'altro più prudente; volendo si può anche riconoscere l'ennesima contrapposizione tra Roma e Milano. Verrebbe da ricordare, per pura cronaca e senza malizia, che la Sea quest'anno chiuderà il primo bilancio in perdita della sua storia settantennale, quando l'ultimo utile di Alitalia è stato registrato vent'anni fa. Ci si perdoni la semplificazione, ma si tratta di due diversi modi di fare impresa.
Così Alitalia continua a vendere i biglietti da Linate (da agosto) anche se non ha certezza di onorarli; e non parliamo solo di tratte nazionali, ma anche di voli di lungo raggio che hanno come perno l'hub di Fiumicino: c'è da immaginarsi il disagio per un passeggero che si vede cancellare all'ultimo momento il volo di avvicinamento a Roma. Alitalia a Linate ha una presenza massiccia (il 70% del mercato) e non nasconde la propria preferenza per l'aeroporto cittadino ma, abilmente, si fa scudo dei passeggeri: «Abbiamo dicono - numerosi e quotidiani riscontri da parte della clientela della loro preferenza a riattivare i servizi a Linate».
La Sea si dice pronta a riaprire anche subito, nel rispetto delle regole che saranno emanate; tuttavia spiega perché sarebbe una scelta sbagliata. Il trasporto aereo a Milano ha subito un crollo superiore al 90%; oggi Malpensa serve 8mila passeggeri al giorno quando a regime Malpensa più Linate ne servivano 120mila. Perché tenere aperti due aeroporti con sovrapposizione di spese quando non se ne riempie nemmeno uno? «Linate è chiuso perché ce lo ha chiesto Sea», annota il ministro De Micheli. Poi c'è la questione dei cantieri per lavori straordinari che dovrebbero essere conclusi nel marzo 2021: restringono gli spazi rendendo più difficoltoso il rispetto delle distanze di sicurezza (a proposito: la distanza tra persone è stata abolita in aereo e mantenuta in aeroporto, chissà perché). Così la reale capacità dello scalo è minima: non più di due movimenti all'ora rispetto ai 9 previsti dalle norme. Ne vale la pena? La stima delle perdite aggiuntive per la Sea che deriverebbero da una riapertura di Linate è intorno a 1,5 milioni al mese. Ha senso?
La parola è a Paola De Micheli, che tra tre settimane deve emettere un decreto. Deciderà per agosto? Per settembre? Per ottobre? Non si sa. Ieri ha tenuto un'audizione alla Camera e ha risposto alle domande dei deputati. Tra i tanti argomenti toccati nuovo piano aeroporti, tutele per la concorrenza, mercato aeronautico è emersa una certa pochezza di informazioni sulla newco per Alitalia, per la quale si garantisce la «discontinuità» senza però entrare in dettagli che già non si conoscano. Vale la pena osservare che discontinuità significa innanzitutto non ripagare il prestito ponte da 1,3 miliardi, che cadrà, come si dice, in cavalleria.
Il ministro dello Sviluppo, Stefano Patuanelli, ha annunciato che nelle casse di Alitalia ci sono ancora 232 milioni. Visto il crollo dell'attività, la notizia non sorprende; anzi, se in periodo normale Alitalia perdeva 1,5-2 milioni al giorno, stare a terra si può pensare che le convenga.
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