In tutto una ventina di manifestanti, principalmente donne, si sono radunati ieri mattina nei pressi del ministero dell'Istruzione a Kabul, chiedendo la riapertura delle scuole secondarie femminili. Un numero sparuto ma fortemente simbolico in un Paese che non ammette dissenso e ormai tornato nella morsa dello strapotere talebano. I manifestanti hanno gridato diversi slogan, rivendicando il diritto all'istruzione. I talebani hanno in passato disperso le manifestazioni e arrestato le persone coinvolte, ma in questa occasione la protesta è stata autorizzata a continuare.
Al potere in Afghanistan dall'agosto del 2021, i talebani hanno revocato mercoledì scorso la loro stessa decisione di consentire alle ragazze di studiare nelle scuole medie e superiori. Un annuncio inaspettato, che ha suscitato numerose condanne, tra cui quelle dell'Onu, dell'Unesco e di sei Paesi occidentali, tra cui Stati Uniti e Unione Europea, che hanno chiesto agli islamisti fondamentalisti di «revocare immediatamente» la loro decisione.
Ieri sul tema è intervenuta anche Malala Yousafzai, premio Nobel per la Pace proprio per la sua lotta per il diritto all'istruzione di tutti i bambini, che con un pizzico di ottimismo si dice convinta che il divieto «non durerà». «Penso che sia stato molto più facile per i talebani (imporre) un divieto all'istruzione per le ragazze nel 1996», ha detto al Forum di Doha.
«Questa volta è invece molto più difficile - ha aggiunto Malala - perché le donne hanno capito cosa significhi essere istruite, cosa significhi essere più forti. Questa volta sarà molto più difficile per i talebani mantenere il divieto di istruzione delle ragazze. Questo divieto non durerà per sempre», ha sottolineato.
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