Dopo il divieto dei cellulari in classe e le punizioni esemplari per i bulli, il ministro all'Istruzione Giuseppe Valditara tenta una nuova rivoluzione nel paludoso mondo della scuola: nuove forme di finanziamento, anche private, per coprire gli stipendi dei prof. Ma i sindacati, che dal giorno della sua nomina, hanno cominciato a scaldare i motori ritrovando una nuova ragion d'essere, montano un polverone che rischia di affossare tutto.
«La scuola pubblica ha bisogno di nuove forme di finanziamento, anche per coprire gli stipendi dei prof che potrebbero subire una differenziazione regionale. E per trovarle, si potrebbe aprire ai finanziamenti privati» ha detto Valditara, specificando che «bisogna trovare nuove strade, anche sperimentali, di sinergia tra il sistema produttivo, la società civile e la scuola, per finanziare l'istruzione, oltre allo sforzo del governo». Per evitare il rischio di trovare molte aziende disposte a finanziare gli istituti solo in alcuni territori, creando disparità insanabili per la scuola pubblica, secondo il ministro la soluzione è «la creazione di un fondo perequativo centralizzato e ministeriale che ci consenta, con i fondi attratti per un liceo di Brescia, di finanziarne anche uno a Palermo o un istituto professionale a Caserta». Secondo Valditara «dobbiamo avere il coraggio di togliere istruzione e ricerca dai vincoli di Maastricht».
Inoltre «chi vive e lavora in una regione d'Italia in cui più alto è il costo della vita potrebbe guadagnare di più». Ed è proprio questo il passaggio che ha fatto infuriare i sindacati: «Tornare a una differenziazione di gabbie salariali come c'era cinquant'anni fa è una follia, il nostro Paese è già abbastanza diviso non ha bisogno di aumentare le divisioni» è insorto il segretario generale nazionale della Cgil, Maurizio Landini. «Pagare i professori diversamente per la stessa prestazione lavorativa sarebbe incostituzionale» commenta Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti.
La Uil chiede chiarimenti al ministri, la Cisl ribadisce il suo no all'autonomia differenziata: «Il contratto nazionale e il sistema di istruzione devono rimanere nazionali ma le Regioni, già oggi, possono sostenere le scuole in particolari progetti, fornendo incentivi in termini di personale e di progetti a sostegno a dell'offerta formativa». Ma, senza nemmeno dare il tempo al ministro di articolare il progetto, che potrebbe dare più dignità agli insegnanti, i sindacati insorgono così alla «vecchia maniera» da servire sul vassoio un concetto perfetto per le campagne Pd, tanto che la candidata Elly Schlein non esita a tuffarsi in un concetto pop e un po' facilone: «No alla scuola dei ricchi» si affida a slogan triti ma sempre buoni.
Valditara chiarisce di non voler mettere in discussione il contratto nazionale: «Ho solo riportato una problematica sollevata da alcune Regioni sul differente costo della vita nelle diverse città italiane. Insieme con sindacati e Regioni si ragionerà anche di questo aspetto, per cercare soluzioni adeguate». I presidi delle scuole sono possibilisti e vogliono capire più a fondo. «Può essere una soluzione accettabile purché non si violino alcuni principi di base» sostiene l'associazione nazionale Presidi, presieduta da Antonello Giannelli.
D'accordo con gli aumenti in busta paga ai prof che vivono al Nord è Mario Rusconi a capo dei presidi di Anp di Roma: «E una misura abbastanza sensat». Quanto all'ingresso dei privati nella scuola, «già questo avviene, soprattutto alle superiori e alle tecniche professionali.
Bisogna vedere le condizioni in cui il privato entra, ma le scuole hanno bisogno di fondi, le risorse a disposizione degli enti locali non sono molte. E le scuole dovrebbero avere lo statuto di Fondazioni per avere celerità nello svolgimento dei lavori e risparmio nei costi».
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.