Narzole è un spicchio della provincia «granda» la terra che sta attorno a Cuneo. Fu occupata dai francesi, a metà dell'Ottocento ma anche da bande criminali che esigevano la tangente dai cittadini e di commercianti. A Narzole c'era una confetteria e drogheria, secondo tradizione piemontese, di proprietà di Francesco Antonio Balocco sposato con Doimenica Dogliani. Vendeva liquori esteri e nazionali e offriva servizi per soirée e battesimi. Il documento, che appare sul sito dell'azienda Balocco, riporta l'ordine di ottanta dozzine di uova al signor Guglielmo Leone, un altro, intestato alla Intendenza di Finanza della Provincia di Cuneo, porta la data dell'agosto del 1863 e ordina a Balocco di provvedersi di carta bollata per cambiali.
Suo figlio, ottavo della famiglia, porta uguale nome di battesimo, nasce nel 1903 e cresce tra dolci, caramelle, confetti e spezie, da garzone va da Giuseppe Converso, in via Vittorio Emanuele a Bra, la pasticceria più famosa del tempo, ancora oggi punto di riferimento per i braidesi e non soltanto. Balocco passa giorni anche alla cioccolateria Alessandro Giordano di Torino, la pratica si completa da Edmondo De Coster, fabbrica di confetti in via Cigna sempre a Torino. La cultura dolciaria sabauda è la migliore scuola e all'età di vent'anni Francesco Antonio, insieme con il fratello Alfredo, apre il suo negozio a Fossano, in via Marconi. Quando il fratello scelse la Liguria e Ventimiglia per una nuova attività, Francesco Antonio rilevò la proprietà di una pasticceria in piazza Castello sempre a Fossano. Sua moglie, Lucia Cussin, diede la vita ad Aldo ma morì per le conseguenze del parto. La tragedia sconvolse la famiglia ma tre anni dopo Francesco Antonio volle aprire un altro negozio di dolciumi, in via Roma. Ormai l'attività era benissimo avviata, il cognome era garanzia di qualità e freschezza. La guerra portò il buio nel cuneese, i Balocco furono tra gli sfollati, squadracce fasciste, secondo la cronaca, distrussero i negozi, la famiglia trovò rifugio nelle Langhe ma le bombe e le morti non cambiarono il destino dell'azienda.
Padre e figlio tornarono a Fossano, stessi siti, stessi negozi ricostruiti dalle macerie, la liberazione, la pace, il ritorno alla vita significarono la crescita vertiginosa dei Balocco, trenta operai, un capannone di cinquemila metri quadrati, una produzione di paste secche da vendere all'ingrosso. Vennero gli anni Cinquanta e poi il boom, venne la televisione, la pubblicità Carosello, le gambe delle gemelle Kessler che spuntavano dal panettone, quindi il mandorlato, idea suggerita da Ermanno Crespi, reduce dalle esperienze in Motta e Alemagna, un dolce con mandorle, ricoperto da glassa e granella di zucchero, un'idea, un business. Circolavano per le strade del Piemonte le vetture Fiat con il nome dell'azienda dolciaria, furgoni carichi di biscotti, wafers, panettoni. Aldo ha la stessa energia del padre, la fabbrica dei sogni sta in un fabbricato di 32mila metri quadrati, il giro di affari va sui 14 milioni di lire, gli impiegati sono 135, cresce ancora a 44mila metri quadrati e a 200 milioni di fatturato. Balocco ha firmato la maglia rosa del Giro, quella della Juventus, il titolo di cavaliere è un riconoscimento semplice e dovuto. Cosimo Cinieri e Aldo Stella hanno interpretato nelle campagne pubblicitarie «il signor Balocco».
Francesco Antonio, nel 1994, lascia a novantuno anni, gli stessi raggiunti dal figlio Aldo che ieri se ne è andato nel silenzio discreto della gente piemontese. La storia di una famiglia solida, vissuta nel lavoro, una fetta d'Italia che ha scritto la storia dell'impresa del nostro Paese.
Sembra che tutti gli uomini di azienda di quel tempo abbiano la stessa faccia, la stessa espressione del volto, il sorriso appena accennato e mai sguaiato, il senso della vita e dell'opera, il rispetto verso i lavoratori corrisposto nei fatti e nei comportamenti. A Fossano la storia prosegue con Alessandra e Alberto «Bebe». La vita dei Balocco, dopo un secolo e mezzo, continua a essere dolce.
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