Gli allarmi (infondati) sulla libertà a rischio e le grida alla censura. Anche in Italia i germi della violenza

Il clima di forte contrapposizione, se non di odio politico, che serpeggia in Italia potrebbe provocare un gesto inconsulto anche da noi, come il grave attentato a Robert Fico in Slovacchia

Gli allarmi (infondati) sulla libertà a rischio e le grida alla censura. Anche in Italia i germi della violenza
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Il clima di forte contrapposizione, se non di odio politico, che serpeggia in Italia potrebbe provocare un gesto inconsulto anche da noi, come il grave attentato a Robert Fico in Slovacchia. Gli allarmi (infondati) sulla libertà in pericolo, la censura, tele Meloni, rischiano di far scattare la molla mentale di un lupo, magari neanche tanto solitario, convinto che sia giusto sparare a una premier dipinta come un pericolo per la tenuta democratica del Paese.

Ogni mattina ci svegliamo con le notizie alla radio di qualche intellettuale di turno che lancia l'allarme sul ritorno al fascismo e il «regime» meloniano che controlla tutto. A sentirli sembra che siano già tutti in montagna, come i partigiani del '45, a lanciare appelli alla resistenza dopo avere ascoltato clandestinamente radio Londra. In realtà Antonio Scurati e compagnia suonano la tromba per l'adunata della resistenza su comodi divani del salone del libro di Torino o dagli studi di tutte le tv compresi quelli Rai. Davanti alle aspre critiche alla vituperata tele Meloni la diretta interessata ha sfornato i dati implacabili dei minuti sugli schermi di «regime» scoprendo che il suo predecessore, Mario Draghi, osannato dai giornalisti, ci stava di più e Giuseppe Conte, quando era a Palazzo Chigi, ha battuto tutti.

Professori di sinistra si lamentano ripetutamente di non sentirsi liberi, ma in realtà sono ogni sera in tv a pontificare come vestali della democrazia. Non solo: candidati alle europee tipo Christian Raimo o Ilaria Salis, la neo Maria Goretti di Budapest, giustificano l'uso della violenza contro chi non la pensa come loro. Cosa vuoi che sia spaccare una testa se è bacata da idee malsane. Negli anni Settanta, chi ha i capelli bianchi, ricorda l'applicazione pratica degli slogan «camerata, basco nero, il tuo posto è al cimitero» oppure il dogma «uccidere un fascista non è reato». Il pericolo è che tornino in auge aizzando qualche estremista a emulare a casa nostra il 71enne poeta, pacifista, filo Putin per un po', elettore di sinistra, che ha sparato a Fico.

Per non parlare del fascismo rosso dei nostalgici degli anni Settanta, che vuole cancellare premi giornalistici e dispensa patenti di democrazia nella convinzione che la libertà sia cosa loro e basta.

Pure il giustificazionismo peloso a favore degli studenti che in nome della Palestina, di Ilaria libera o qualsiasi altra idea attaccano la polizia è pericoloso. Non puoi spacciare sempre per bravi ragazzi, manganellati dagli agenti cattivi, chi sputa, insulta, tira calci negli stinchi agli agenti e cerca di sfondare i cordoni dell'ordine pubblico. Se non vengono tirati per le orecchie il giorno dopo oseranno di più e prima o dopo andrà a finire male.

Il pericolo della crescita della violenza anche in altri Paesi europei, come la Germania, dove sono già stati aggrediti diversi politici, viene sollevato da un'analisi di un serio centro studi

come l'Ispi, non dalle botteghe di partito. E l'Italia registra questo rischio ogni giorno con un continuo di delegittimazione, odio di fondo e accuse infondate che sta avvelenando il clima in vista delle elezioni europee.

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