Il Cremlino risponde con una nuova raffica di missili su tutta l'Ucraina, civili e infrastrutture, dopo l'accusa del Pentagono, che ha definito «un crimine di guerra attaccare le linee elettriche» del Paese. Massicci raid hanno colpito l'intero Paese nuovamente ieri, a due giorni dai 100 missili russi che hanno provocato il mortale e pericoloso incidente in Polonia per essere fermati. Sotto torchio ogni angolo del Paese. E soprattutto alcune infrastrutture nevralgiche, elettriche e del gas, per mettere in ginocchio la popolazione con l'arrivo del freddo e della prima neve. Nel mirino finiscono un impianto logistico a Odessa e un impianto di produzione di gas e una fabbrica di missili a Dnipro, dove sono state anche colpite case e un filobus (23 feriti).
Ma l'intero territorio ucraino è flagellato, le sirene sono suonate per oltre tre ore ieri in tutto il Paese e nella regione di Zaporizhzhia i corpi di almeno 7 persone sono stati recuperati fra le macerie dopo che tre edifici a uso civile sono stati centrati a Vilniansk, provocando il solito rimpallo di accuse e responsabilità fra le parti. Colpite le regioni a est (Kharkiv, Dnipro e Poltava), al centro-sud (Kirovograd, Mykolaiv e Odessa), e poi Leopoli a ovest e la capitale Kiev. Ed è il quadro generale per la popolazione a essere sempre più pesante: case al gelo, adesso che è arrivata la prima neve, e il 40% degli ucraini al buio, inclusa la capitale Kiev, dove l'elettricità potrebbe mancare ancora per giorni.
La Russia non smette di martellare dall'alto dopo il ritiro da Kherson che ha confermato le debolezze dell'Armata di Vladimir Putin in Ucraina. Mosca spiega la sua linea, scaricando sul nemico le responsabilità dei propri attacchi: le sofferenze dei civili e i black out sono - secondo il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov - «conseguenza» del rifiuto di Kiev di negoziare. Quanto agli attacchi ai centri nevralgici dell'energia ucraina: «Stiamo parlando di strutture che sono direttamente o indirettamente correlate al potenziale militare dell'Ucraina», spiega Peskov, anticipando che la Russia non intende fermarsi e considerando un danno collaterale le vittime civili e l'assenza di elettricità per oltre 7 milioni di abitazioni. «I nostri obiettivi sono ben noti e possono essere raggiunti o con l'operazione militare speciale o con i negoziati. La Russia è aperta a entrambi», spiega Peskov. È il suo modo per dire che Mosca continuerà a picchiare duro con i missili, finché le trattative non si apriranno. «E una cosa è chiara - commenta categorico il Cremlino - la parte ucraina non vuole alcun negoziato». Come sempre, a giudicare dalle dichiarazioni, la distanza tra le due parti, sembra incolmabile. Mosca spiega che non intende rinunciare ai territori annessi: «Siamo incrollabili nella nostra posizione, che prevede certamente la nostra integrità territoriale con tutti i territori ammessi recentemente», dice il vice ministro degli Esteri russo Serghei Ryabkov.
È in questo contesto, dopo le forti tensioni a causa del missile caduto in Polonia, che il ministro degli Esteri ucraino Dmitro Kuleba ha sentito il collega statunitense Antony Blinken. D'accordo sulla «responsabilità russa» per il missile che ha ucciso due cittadini polacchi e da cui l'Ucraina si è difesa durante un massiccio attacco, Kuleba ha ringraziato gli Stati Uniti per «l'assistenza militare cruciale» ma ha chiesto di più e prima possibile contro la furia russa. «La consegna dei sistemi di difesa anti-aerei all'Ucraina deve velocizzarsi», ha spiegato Kuleba I sistemi missilistici Nasams «hanno già dato prova della loro efficacia e sono convinto che sia giunta l'ora dei Patriot».
Kiev chiede i missili di difesa terra-aria a lunga gittata, prodotti negli Usa e che possono essere usati a una quota di oltre 20mila metri (in verticale) e hanno una portata di oltre 50 chilometri (in orizzontale), una distanza che gli ucraini sperano possa fare la differenza.
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