In risposta a quanti sostengono che quella degli immigrati clandestini è una bomba a orologeria, che bisogna arrestarne il flusso e rimpatriare le centinaia di migliaia entrati clandestinamente come migranti «economici» (che più giustamente sarebbero da definire «parassitari»), immancabilmente Laura Boldrini cala il suo asso nella manica: il Libano. «Cosa dovrebbe dire il Libano che ha 4,5 milioni di abitanti e 1,5 milioni di rifugiati? È come se da noi arrivassero 16 milioni di persone». Questa la solfa: prendere esempio dal Paese dei Cedri. Come no, ma prima gettiamogli una occhiata, prima sentiamo davvero cosa ha da dire il Libano.
Ad oggi accoglie un milione 174 mila e 690 profughi siriani. Non esistono campi profughi organizzati e gestiti da organizzazioni internazionali come l'Alto commissariato dell'Onu (Unhcr) o da organizzazioni caritatevoli quale potrebbe essere la Croce rossa (Mezzaluna rossa per l'islam). Il ricordo di ciò che accadde con la militarizzazione dei campi profughi palestinesi - la guerra civile del 1975-1990 - ha indotto infatti le autorità libanesi a non coinsentire che gli sfollati siriani potessero concentrarsi in campi strutturati. Ne concede all'Unhcr solo di «temporanei» - e devono categoricamente esserlo - che non superino e 40 tende. Questa la ragione per cui i due terzi vive in abitazioni o locali concessi in affitto. Il resto in miserandi campi abusivi o alla ventura in qualche edificio diroccato.
A Majdal Anjar, località a meno di un chilometro dalla frontiera, «Zahara, suo marito, quattro figli e la famiglia della sorella sono ospitati, a pagamento, in una stanza di 20 metri quadrati. Le due famiglie, ancora in attesa (dopo mesi) di essere registrate dall'Unhcr, non ricevono alcun aiuto materiale, se non qualcosa di sporadico dalle organizzazioni islamiche locali». «Pago per questo deposito 100 dollari al mese. Raccolgo arance per 10 dollari al giorno» (testimonianze raccolta da Gwendoline Debono, inviata di Europe 1 ).
Quando il milionesimo profugo passò la frontiera, il 3 aprile scorso, l'Alto commissariato dell'Onu così si espresse: «Una devastante pietra miliare» (« devastating mile stone »). Devastante per i Libano e i libanesi. «Questo flusso pone dei problemi inimmaginabili al Libano. Certo, i siriani sono delle vittime, ma rischiano di far piombare il Libano nel caos, nella guerra civile» (dal settimanale Amnesty ). «La situazione umanitaria è drammatica» (Maïs Balkhi, coordinatrice in loco di Save The Children). «Il fardello siriano è pesante. Siamo altrettanto stanchi ed esasperati che i rifugiati. Temiamo per il nostro Paese. I furti sono aumentati e non ci sentiamo sicuri. Molte città hanno imposto loro il coprifuoco: dopo le 20 non possono uscire. La paura è che i siriani restino qua per sempre» (Fahrani, funzionario del ministero libanese della Salute).
L'emergenza rifugiati ha portato la tensione alle stelle. I libanesi non reggono più il peso del «fardello» accusando i siriani di togliere a loro il lavoro, aumentando la manodopera di aver fatto dimezzare la media dei salari, di portare al collasso scuole e ospedali. Di contro, i rifugiati siriani denunciano la discriminazione cui sono sottoposti: «La polizia ci sta costantemente addosso», «i libanesi sono dei razzisti».
Oltre al malessere, alla diffidenza, alla fiammata xenofoba, i profughi hanno portato con sé la guerra: non solo gli attentati a Tripoli e a Beirut, sul confine si susseguono gli scontri tra soldati libanesi e miliziani hezbollah, tra libanesi di Al Nusra (affiliato ad Al Qaida) e formazioni dell'Isis. Senza aggiungere il consolidarsi di nuclei dell'Isis e altri gruppi fondamentalisti laddove è più forte la concentrazione di profughi siriani.
Quello che per Laura Boldrini sarebbe un esempio da imitare, nella tragica realtà dei fatti è una situazione insostenibile, incontrollabile e ingovernabile. Ciò che ha costretto le autorità libanesi a sbarrare la frontiera con la Siria. Non entra più nessuno.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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