Alla Amadori era considerato uno dei dipendenti storici, quasi uno di famiglia. Eppure un dirigente dell'azienda di Cesena, colosso romagnolo delle carni leader del settore agroalimentare, è da venerdì mattina agli arresti domiciliari accusato di aver messo in piedi una sorta di organizzazione parallela, probabilmente con la complicità di altri colleghi, per sottrarre grandi quantità di merce da vendere poi ad un mercato illecito a prezzi scontati. La carne sarebbe stata fatta sparire da vari stabilimenti, anche da quello di Mosciano Sant'Angelo, in provincia di Teramo, dove pure il dirigente aveva incarichi. Si parla di un ammanco di circa 30 milioni di euro.
Una cifra - anticipata dal Resto del Carlino - che la Amadori non conferma, sottolineando che «dalle prime verifiche interne, con riserva di ulteriori approfondimenti tuttora in corso, il danno stimato sarebbe sensibilmente inferiore rispetto a quanto riportato sugli organi di stampa». Confermato invece l'arresto del dipendente, sul quale l'azienda aveva avviato già da tempo una verifica interna. Accertamenti che la scorsa settimana ne avevano portato al licenziamento in tronco.
Il dirigente proveniva da un'altra azienda del settore avicolo e recentemente era andato in pensione per essere poi assunto con contratto triennale con l'incarico di portare a termine il nuovo progetto di logistica automatizzata. Un sistema che sarebbe dovuto entrare in funzione alla fine del 2022, collegando la sede centrale di San Vittore di Cesena con il polo produttivo di Mosciano Sant'Angelo, in Abruzzo, ma che non è ancora pienamente operativo. Era un professionista stimato, al quale in passato era stato affidato anche il compito di seguire l'ingresso in azienda del figlio del presidente.
L'arresto del dirigente, dunque, è stato un vero e proprio terremoto alla Amadori. Anche se non proprio un fulmine a ciel sereno. Era stata infatti l'azienda ad allertare le forze dell'ordine dopo che i controlli interni avevano fatto emergere sospetti di ingenti ammanchi: anche se non risultava nella contabilità aziendale, da tempo giravano voci di grandi quantità di prodotti usciti dagli stabilimenti senza che figurassero nel computo delle vendite. E risalendo la catena degli ammanchi, le indagini interne avevano portato ai vertici dell'azienda. Sarebbe stato scoperto un vero e proprio mercato parallelo dove i commercianti potevano approvvigionarsi a prezzi scontati e senza pagare l'Iva. A lungo andare, però, il buco contabile era diventato talmente grosso da non poter più essere mascherato. Così sarebbe scattata la denuncia. I sospetti della Amadori si sono rilevati fondati. Dopo il licenziamento, venerdì i magistrati hanno disposto l'arresto del dirigente, che sarebbe stato bloccato nello stabilimento di Cesena dove era andato chiedere spiegazioni sull'interruzione del rapporto di lavoro. All'indagato sono stati concessi gli arresti domiciliari e adesso è in attesa dell'interrogatorio di garanzia. Le indagini intanto vanno avanti per individuare i complici. Gli investigatori sono certi che nella truffa siano coinvolte altre persone, interne ed esterne all'azienda.
In una nota
il gruppo Amadori ha sottolineato di essere parte lesa nell'indagine, confermando il suo pieno supporto alla Procura perché venga fatta immediata chiarezza e piena luce sulle condotte che sembrano emergere dalle indagini.
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