Anche l'ingiusta detenzione ha il suo "sommerso": è il triplo del dato ufficiale

Finora veniva censito soltanto chi otteneva l'indennizzo. Oltre centomila casi dal 1994

Anche l'ingiusta detenzione ha il suo "sommerso": è il triplo del dato ufficiale
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I numeri non sono quelli che conoscevano. I numeri sono imponenti, molto più alti di quelli che sono stati pubblicati sui giornali e raccontati in tv in questi anni. Le persone ingiustamente detenute nel nostro Paese sono il triplo, forse di più, di quel che le cifre correnti dicono. Mille detenuti l'anno, circa trentamila in trent'anni: questa la contabilità stimata dei casi Tortora nel nostro Paese. E invece no: le vittime delle ingiuste detenzioni e degli errori giudiziari sono almeno tremila l'anno, novantamila, ma probabilmente centomila e più ancora, nell'arco dell'ultimo trentennio. Si, più di centomila, anche se malauguratamente non esistono statistiche precise.

Esiste comunque un esercito di innocenti che sono finiti in cella (o ai domiciliari) e poi sono stati assolti o addirittura prosciolti senza nemmeno passare per un processo. Il punto, scoperchiato oggi dal Giornale, e che finora veniva contate solo le persone che avevano fatto richiesta di un risarcimento e l'avevano ottenuto.

Poi, però, ci sono gli altri, che l'indennizzo l'hanno chiesto ma se lo sono visto negare. Tanti. Tantissimi. Molti di più dei «rimborsati». Pure loro sono finiti dietro le sbarre, ma alla fine lo Stato ha fatto dietrofront senza nemmeno versare loro un centesimo. Magari perché nel corso dell'interrogatorio si erano avvalsi della facoltà di non rispondere, insomma secondo i rigidissimi criteri adottati dalla magistratura non avevano collaborato per chiarire la loro posizione. Dunque, non hanno colpa ma lo Stato per loro non ha staccato un assegno, nemmeno simbolico. E per questo sono sempre sfuggiti all'aritmetica delle ingiuste detenzioni.

Quanti ex carcerati sono in questo girone mai raggiunto dai radar della pubblica opinione? Disponiamo di due documenti che si possono incrociare e che in sostanza danno gli stessi risultati. Anzitutto, una relazione di Antonio Nova, titolato magistrato, per la Scuola superiore della magistratura. Nova scrive che nel distretto di corte d'appello di Milano è stato accolto, nell'arco di un quinquennio prima della pandemia, il 30% delle domande di indennizzo, respinto invece il 70%.

Una percentuale elevatissima. Ma sono ancora più impressionanti i dati contenuti nella risposta a un'interrogazione di Enrico Costa (foto), combattivo parlamentare di Forza Italia, del giugno 2020, ai tempi del governo Conte due, quando ministro della giustizia era Alfonso Bonafede. In quel testo, all'epoca passato inosservato, la versione ufficiale è che il 77% delle domande non viene accolto. Siamo, quasi, a quattro no contro un sì. E questo ovviamente per tutta Italia.

Non bisogna essere degli esperti di matematica per capire che la narrazione, come si dice oggi, delle ingiuste detenzioni deve essere riscritta dall'inizio. E che il fenomeno è assai più preoccupante e inquietante di quanto denunciato fino a oggi. Se il 70-77 % delle istanze non trova accoglimento, questo vuol dire che solo un terzo degli ex carcerati viene ristorato, i due terzi no. Dunque, quelli risucchiati in questo vortice sono almeno il triplo: novantamila, forse centomila, dal '94 a oggi.

Anche questa, però, è una stima prudenziale. Parziale. Incompleta. Per un'altra ragione: molti, usciti in un modo o nell'altro con l'onore restituito nelle aule di un tribunale, non ne vogliono più sapere e non chiedono più nulla. Semplicemente, non presentano alcuna domanda di indennizzo. Dunque, il totale dei colpevoli che si sono scoperti innocenti dovrebbe avere un ulteriore, robusto incremento.

I numeri sono ballerini ma di gran lunga superiori a quelli comunemente riportati.

E in realtà la cifra di centomila negli ultimi trent'anni può risultare bassa e modesta, se si considerano appunto pure quelli cui è stato risposto no all'indennizzo e gli altri che, logorati dalla vicende subite, sono usciti in silenzio dal campo.

La giornata della memoria, che si vuole istituire il 17 giugno, avrà dunque un significato ancora più profondo.

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