Stesso governo, posizioni opposte. Sulla bozza del decreto semplificazioni che prevede deroghe al codice degli appalti il muro contro muro tra centrodestra e centrosinistra è frontale, con i sindacati a dar man forte a Pd e Leu nel denunciare il rischio deregulation e pronti a minacciare lo sciopero generale, mentre Lega e Forza Italia invitano a superare i paletti del codice degli appalti per snellirlo dalla troppa burocrazia.
Punti di vista inconciliabili, insomma, che rendono infuocato il confronto sulla bozza di decreto. Ad innescare le polemiche, dal centrosinistra, è stato l'ex segretario dem ed esponente di Articolo Uno Pierluigi Bersani, che giovedì a Piazzapulita ha criticato la deregulation e ieri ha rilanciato su Facebook, spiegando che «togliere o abbassare le regole si chiama deregolazione. E significa incoraggiare nel mercato prepotenze e anarchia». Netta anche la posizione di Leu, col senatore Francesco Laforgia che parla di «proposta indecente» e la capogruppo a Palazzo Madama Loredana De Petris, che avverte il governo: «Così com'è la bozza del dl Semplificazioni proprio non va». Per la De Petris sono «giuste» le «esigenze di accelerazione», ma «non è cambiando continuamente le norme che questa si produce». Il rischio di una «deregulation selvaggia», anzi, sarebbe tra l'altro quello «di favorire le infiltrazioni criminali», e abbassare la sicurezza sul lavoro. Duro anche sul fronte Pd Paolo Lattanzio, presidente del Comitato sulle infiltrazioni mafiose in epoca Covid in Commissione Antimafia, secondo il quale «la liberalizzazione del subappalto è una scelta inaccettabile che va invece in tutt'altra direzione» rispetto al «lavoro buono». E, come detto, su tutto arriva la minaccia dei sindacati, con le parole di fuoco del segretario generale Cgil Maurizio Landini, che spara a zero sulla bozza dell'esecutivo. «Trovo del tutto sbagliato e grave l'orientamento che il governo sembrerebbe prendere con il decreto Semplificazioni», ringhia Landini, per il quale il rischio è «tornare indietro di vent'anni», tra «riduzione dei diritti per chi lavora sugli appalti, scarsa qualità del lavoro, scarsa qualità delle opere, maggiore insicurezza nei cantieri» e rischio corruzione. Tanto che, appunto, Landini in mancanza di un confronto col governo spiega di essere pronto a concordare con Cisl e Uil uno sciopero generale.
Ma, appunto, l'altra metà del governo la pensa in maniera opposta. A chiarirlo è il leader della Lega Matteo Salvini, che non usa mezzi termini annunciando di lavorare «all'azzeramento del codice degli appalti» e «all'utilizzo delle norme europee che sono più veloci e snelle». Quanto ai venti di guerra della Cgil, Salvini ritiene la protesta «partigiana»: «Non direi che i sindacati sono furibondi, lo sono alcuni», mentre, secondo il numero uno del Carroccio, saranno sicuramente «felici gli operai, perché lavoreranno di più». Plaude alla bozza del dl pure la presidente dei senatori azzurri Anna Maria Bernini, secondo cui il testo andrebbe «nella giusta direzione: una soprintendenza unica per le opere del Pnrr e un nuovo sistema di norme per velocizzare le procedure di autorizzazione sono passaggi irrinunciabili, insieme all'ampliamento delle deroghe per il Codice degli appalti».
«Nessuno avverte la Bernini - vuol devastare il paesaggio, ma sblocco delle opere e tutela ambientale possono procedere di pari passo». Sempre in Fi, nessun chiaroscuro anche per il capogruppo alla Camera, Roberto Occhiuto: «Per semplificare davvero bisogna abolire o quantomeno rivedere in modo invasivo il Codice degli appalti».
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