Torino - Sono almeno 13 i centri sociali a Torino, che possono contare su 3.500 persone che ruotano intorno a questa galassia al limite della legalità. Tutti si richiamano a tradizioni ideologiche e politiche storiche: l'anarchia e il comunismo, con all'interno sfumature diverse a seconda del rapporto che si instaura con la politica cittadina. Perché la città piemontese si è sempre distinta per la sua volontà di trattare con questi gruppi, di trovare punti di accordo per vivere tranquilli. E forse è per questo che Torino sembra ora sorprendersi per il fatto che Askatasuna sia considerato tra le strutture monitorate dall'Antiterrorismo, uno dei più pericolosi d'Italia. E lo ha dimostrato nella guerriglia urbana di qualche sera fa, quando ha alzato il tiro imbottendo le bombe carta con pezzi di ferro e vetro, che hanno ferito sei agenti, dei quali uno in maniera grave. Estremisti orgogliosi di esserlo, sempre contro qualcosa e qualcuno, che da oltre venti anni hanno la sede nel cuore della città e che nessuno mai, da Fassino ad Appendino, hanno osato sgomberare, nonostante le promesse elettorali. Anzi, dalla giunta pentastellata arriva anche l'ipotesi di regalare nuovi spazi in città ai movimenti anarchici. E insieme ad altre realtà come El Paso o Gabrio - le cui sedi sono in immobili comunali occupati -, continuano ad essere degli intoccabili.
Anzi di più, dei protetti, visto che nessuno si era mai spinto fin dove ha osato l'Appendino, che ha nella sua maggioranza alcuni esponenti dei centri sociali torinesi e che ha cavalcato la protesta degli antagonisti No Tav, strizzando l'occhio alle loro manifestazioni violente, come è accaduto per il leader di un centro sociale, Andrea Bonadonna, arrestato per aver colpito un poliziotto durante le manifestazioni contro il G7 che si è tenuto a Venaria.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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