Le armi all'Ucraina poi Israele e Cina. Tutte le ambiguità in politica estera

Incertezza per la linea Schlein sugli aiuti a Kiev. Finora non ha votato contro ma si dice pacifista. Dubbi di Bindi e Gori sull'ancoraggio alla Nato. Timori nel mondo ebraico per precedenti e gaffe

Le armi all'Ucraina poi Israele e Cina. Tutte le ambiguità in politica estera

Ambiguità, per ora è questa la cifra della politica estera di Elly Schlein, neo segretaria del Pd, da Kiev al Medio oriente. E un'ombra d'inquietudine attraversa i sostenitori della causa ucraina, come le comunità ebraiche, comprensibilmente attente alle posizioni dei partiti su Israele.

Dove andrà a parare la sinistra italiana? Sull'immigrazione, Schlein ha una linea molto chiara: accoglienza senza limiti. Su tutto il resto invece prevalgono omissioni e confusione. Così, se prima era difficile delineare una politica estera targata Pd, adesso pare impossibile. Un'era è finita. Prima ancora che nascesse il Pd, gli ex pci hanno fatto di tutto per superare (o mascherare) il loro tradizionale anti-americanismo (e antisionismo), riuscendoci anche grazie a leader di estrazione dc come Romano Prodi e Matteo Renzi. Enrico Letta non è stato da meno. Fedele alla Nato, il suo ultimo atto da segretario è stato la visita all'ambasciata ucraina: «È questa l'eredità che lascio al Pd».

Questa fase è chiusa e quella che si aprirà non è affatto chiara. Per questo i timori degli ucraini potrebbero essere condivisi anche a Washington. E le frecciatine dell'ex ministro della Difesa Lorenzo Guerini non passano inosservate. Tutti hanno notato che, nel suo primo discorso da segretaria, Schlein non ha citato l'Ucraina. L'ha notato anche Rosi Bindi. «Non mi piace il silenzio sulla guerra in Ucrania - ha detto ieri la ex ministra cattolica - sarò molto attenta su questo tema. Dovrebbe dire parole chiare a riguardo, in gioco c'è un nuovo assetto mondiale».

Che Schlein stia dalla parte di Kiev non ci sono dubbi, ma è sulle armi che si gioca la vera partita. Sugli aiuti all'Ucraina Elly non ha votato in dissenso dal partito, ma nelle dichiarazioni ha marcato un'identità «pacifista». Anche nella mozione congressuale si nota questa ambivalenza: «Sosteniamo e sosterremo il popolo ucraino con ogni forma di assistenza necessaria a difendersi - si legge - Senza però rinunciare alla nostra convinzione che le armi non risolvano i conflitti». «Da pacifista credo che non saranno le armi a porre fine a questa guerra» ha detto Schlein negli ultimi giorni.

E ora? Il suo Pd svolterà - e a quale prezzo - verso un pacifismo integrale, come ha fatto - per convenienza - anche Giuseppe Conte - oppure resterà sulla linea «armi ma anche pacifismo»? E come il capo dei 5 Stelle avrà un debole per la Cina? Di Pechino Schlein parla poco, ma pare mettere la Cina sullo stesso piano degli Usa. Se il partito resterà «nella sfera atlantica» se l'è chiesto anche Giorgio Gori, sindaco di Bergamo ma sopratutto ultimo lucido «grillo parlante» del riformismo in casa dem. Domanda giusta. Il «Guardian» di recente ha paragonato la «stella nascente della sinistra italiana» alla deputata newyorkese (e radicale) Alexandria Ocasio-Cortez. E c'è chi evoca i profili infausti del laburista Jeremy Corby e del comunista francese Jean Luc Melenchon.

A sinistra divampa un anti-occidentalismo che è ostile a Israele. Schlein ne è fuori? Non rassicurano le singolari dichiarazioni di un anno fa (al congresso di Articolo 1) sulla «asimmetria» dello scontro in atto, che però era fra lo stato ebraico e Hamas; tanto meno rassicura la sua partecipazione (nel 2018 a Milano) alla Conferenza dei Palestinesi in Europa, insieme a sfegatati nemici di Israele come i Bds (fautori di boicottaggio e sanzioni).

In questo quadro è solo un dettaglio la recente «gaffe» sul suo naso, quando rispondendo a quelli che ha definito «ignobili sentimenti antisemiti», inconsapevolmente e confusamente ha «confermato» - come ha rilevato, critica, la presidente della Comunità ebraica di Roma Ruth Dureghello - uno stereotipo antisemita fra i più odiosi.

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