Questa mattina all'alba scattate le manette ai polsi di Paolo Arata, l'ex deputato di Forza Italia ed ex consulente della Lega per l'energia, e il figlio Francesco. Sul capo di entrambi pendono le accuse di corruzione, autoriciclaggio e intestazione fittizia di beni. Secondo la Dda di Palermo, come riporta l'agenzia Adnkronos, padre e figlio sarebbero, infatti, soci occulti dell'imprenditore trapanese dell'eolico Vito Nicastri, che secondo gli inquirenti sarebbe vicino al boss latitante Matteo Messina Denaro, anche lui finito in carcere con il figlio Manlio.
Prosegue il filone di inchiesta della Procura di Roma che lo scorso aprile ha portato sotto indagine il leghista Armando Siri, al tempo sotto segretario ai Trasporti del governo Conte. La svolta giudiziaria che ha portato all'arresto di Paolo Arata e del figlio è arrivata dopo le perquisizioni dello scorso 17 aprile che ha portato a una "parziale discovery" di un giro di corruzione nell'ambito, appunto, dei progetti relativi alle energie alternative. L'indagine, guidata dal procuratore aggiunto Paolo Guido e dal pm Gianluca De Leo, è partita un'anno e mezzo fa circa, quando hanno iniziato a monitorare Francesco Isca, un piccolo imprenditore di Calatafimi indagato per associazione mafiosa, e ha portato agli arresti domiciliari Nicastri a cui è stato anche è stato sequestrato un patrimonio di circa un miliardo di euro. Al "re dell'olico", che in violazione delle restrizioni continuava a "fare affari" comunicando anche dal balcone, era stata poi aumentata la misura cautelare e, dunque, trasferito in carcere dove gli è stato notificato l'ultimo provvedimento.
"Io nel 2015 ho dato trecentomila euro a tuo papà, basandomi su un rapporto di fiducia, ed è stato il più grande errore della mia vita era dicembre 2015 quando io vi ho dato i soldi". È Paolo Arata a parlare, senza troppi giri di parole, a Manlio Nicastri in una delle intercettazioni che hanno permesso di far emergere il giro di mazzette. "Siamo arrivati, dove siamo arrivati perchè tuo papà, io venivo qua e gli dicevo: ma scusa Vito...: ah no, non me ne occupo... ma come non te ne occupi, io ti ho pagato e non te ne occupi?". Il "sistema", scoperchiato dalla Dda di Palermo, riguarda le procedure e le autorizzazioni per gli impianti di biogas, mini eolico e fotovoltaico. "Qui stiamo parlando in camera caritatis - ammetteva lo stesso Arata il 12 settembre scorso parlando con un giovane avvocato - io sono socio di Nicastri al 50%...". Quando le accuse degli inquirenti arrivano a toccare anche Siri, l'indagine si sdoppia e i magistrati palermitani inviano il fascicolo relativo ai colleghi della procura di Roma guidata da Giuseppe Pignatone. Questo filone d'indagine, coordinato dall'aggiunto Paolo Ielo, ipotizza che Siri sia stato il destinatario di una tangente da 30mila euro in cambio di un emendamento per favorire Nicastri in un affare sull'eolico. E nelle carte dell'inchiesta questi "accordi corruttivi" tra Arata e Siri vengono rimarcati dal gip e collovati nel settembre del 2018.
Le ordinanze di oggi, che sono state emesse dal gip Guglielmo Nicastro, hanno portato al sequestro di alcune società che gestiscono impianti eolici e messo agli arresti domiciliari anche Alberto Tinnirello, dirigente regionale dell'assessorato all'Energia e responsabile del servizio "autorizzazioni". È stato a lui che, come si legge nel decreto di perquisizione di aprile riportato dall'agenzia Agi, Arata avrebbe promesso e versato somme di denaro non quantificate "per il compimento di singoli atti e comportamenti riconducibili al suo ufficio (tra gli altri, informazioni sullo stato delle pratiche amministrative inerenti la richiesta di autorizzazione integrata ambientale per la costruzione e l'esercizio degli impianti di bio-metano di Franconfonte e Calatafimi -Segesta della Solgesta s.r.l.
)" e in generale "per l'asservimento della funzione agli interessi della Solgesta e della altre società del gruppo Aata/Nicastri, in violazione dei propri doveri di imparzialità e correttezza".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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