
Nonostante il divieto governativo di manifestare in piazza e il blocco a internet, migliaia di persone ieri si sono radunate nel centro di Istanbul per protestare contro l'arresto del sindaco Ekrem Imamoglu, accusato di corruzione e di sostegno al gruppo curdo PKK, che Ankara considera un'organizzazione terroristica. Nei fatti, l'unico oppositore del presidente Recep Tayyip Erdogan e prossimo candidato alle elezioni presidenziali del 2028 contro il sultano. Scontri sono andati in scena ieri sera tra manifestanti e forze di polizia, nel centro della città e attorno ai campus universitari, dopo che dai megafoni era uscita tutta l'indignazione del partito di Imamoglu, che ha parlato apertamente di «colpo di stato».
La polizia alle prime luci dell'alba aveva fatto irruzione nella sua abitazione, per prelevarlo nell'ambito di una vasta operazione anticorruzione che ha riguardato altre 106 persone arrestate, tra cui funzionari politici e imprenditori.
Immediate le reazioni europee. Ursula von der Leyen e Antonio Costa definiscono l'arresto «preoccupante». Il numero uno della Commissione dice che come membro del Consiglio d'Europa e paese candidato all'Ue, la Turchia «deve sostenere i valori democratici, in particolare i diritti dei funzionari eletti, vogliamo che la Turchia resti ancorata all'Europa, ma questo richiede un chiaro impegno verso le norme e le pratiche democratiche». Il relatore speciale del Parlamento europeo sulla Turchia, Nacho Sanchez Amor, dichiara di seguire «gli avvenimenti con grande preoccupazione», perché questa situazione «sta mettendo a rischio la democrazia in Turchia». L'arresto è un «grave stop per la democrazia» in Turchia, ha commentato il portavoce del ministero degli Esteri tedesco, Sebastian Fischer, secondo cui l'episodio rientra tra «misure legali intensificate per fare pressione» su Imamoglu. Ancora più esplicito il ministro dell'Agricoltura Cem Oezdemir, di origine turca, che parla di un Erdogan che per paura continua a seguire «il suo copione autocratico, ma questa non è una buona ragione per renderci ciechi e sordi nei nostri rapporti con la Turchia».
Anche Parigi richiama l'attenzione contro l'arresto del sindaco di Istanbul «che potrebbe avere pesanti conseguenze sulla democrazia turca», ha affermato il ministero degli Esteri francese in una nota facendo riferimento all'arresto di altre 78 persone insieme a Imamoglu. Dalla Farnesina Antonio Tajani dice di seguire con attenzione quello che sta accadendo, «ma non conosco la vicenda giudiziaria, ci auguriamo che tutto possa svolgersi e proseguire con la massima calma». Di «salto di qualità nella massiccia repressione in corso contro il dissenso pacifico e il principale partito di opposizione» in Turchia parla Amnesty International per bocca della vicedirettrice Dinushika Dissaayake che racconta di una «escalation della campagna repressiva» in riferimento al divieto governativo delle manifestazioni in tutto il paese per ben quattro giorni, oltre al blocco di internet.
La reazione del governo turco? Respinge le accuse e il ministero della Giustizia definisce «un atto di audacia e irresponsabilità» il tentativo di collegare le indagini e i casi giudiziari al presidente Erdogan.
L'ultima parola della convulsa giornata spetta alla Borsa di Istanbul che chiude a -8,72% con la lira che perde il 10%. Stessi numeri visti dopo i massacri di Gezi Park e la repressione post golpe del 2016. E la banca centrale turca vende una quantità record di valute estere dopo il crollo della lira.
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