Aru demolition man. Sul trono di Spagna si è seduto un sardo

"Orfani" di Nibali, ci rifacciamo con il suo compagno di team. Distrutto il rivale Dumoulin. E oggi passerella a Madrid

Aru demolition man. Sul trono di Spagna si è seduto un sardo

Un urlo liberatorio, che risuona potente e violento come un tuono: il Giro di Spagna è di Fabio Aru! Alla faccia di chi lo voleva spacciato, finito e sfinito. E soprattutto solo. Senza squadra, senza tecnico e senza uno straccio di tattica. Alla faccia dei 4" di abbuono lasciati nell'11ª tappa di Andorra a Landa dieci giorni fa, che si meritava quel giorno la libera uscita, dopo essersi fermato e sacrificato al Giro in almeno tre circostanze in favore di Fabio, ma per questo messo sotto accusa per altro tradimento. Alla faccia di tutti, Fabio Aru e il suo staff tecnico, rigorosamente italiano, nonostante il team sia profondamente kazako, hanno ribaltato il risultato, che sembrava ormai acquisito e chiuso, dopo quei tre secondi rosicchiati dall'olandese Tom Dumoulin anche venerdì.

Un urlo liberatorio, per gridare la propria rabbia e l'orgoglio, dopo aver anche rischiato di andare a casa a causa di una brutta caduta che gli ha segnato profondamente il ginocchio destro e il morale.

«Sono felice, felice di tutto, perché oggi abbiamo fatto vedere a tutti chi siamo e chi sono - dice orgoglioso il giovane corridore sardo di Villacidro -. L'altro giorno ero avvilito per la caduta, per quella botta al fianco e al ginocchio: ho temuto davvero di dire addio a tutto. Ma anche quelle polemiche nel dopocorsa, per una presunta spinta da parte di un mio compagno di squadra che non c'è mai stata e che volevano che fosse punita con 10" di penalizzazione mi ha turbato parecchio».

La vittoria di tappa, sul traguardo della Cercedilla dopo quattro gran premi della montagna di prima categoria, va allo spagnolo della Lampre-Merida Ruben Plaza, autore di una grandissima azione solitaria durata oltre cento chilometri (terzo si è piazzato il nostro Alessandro De Marchi). Ma il bello succede alle loro spalle, dove si corre l'altra corsa, quella che vale ai fini della classifica generale.

L'operazione di demolizione ad opera di Fabio Aru e dei suoi Astana incomincia quando al traguardo mancano una cinquantina di chilometri: uno scatto secco quasi alla fine del secondo passaggio sul Gpm della Morcuera e Tom Dumoulin barcolla. L'Astana è perfetta, nulla da dire. Mikel Landa segue come un ombra il suo capitano e assiste Fabio come meglio non potrebbe fare. Ma vincente si rivelerà la mossa di lanciare all'attacco sia Luis Leon Sanchez che e Zeits. Entrano nella fuga di giornata e vengono fermati nel momento giusto quando c'è da rifinire l'azione decisiva. In discesa l'olandese che perde una ventina di secondi in salita, si fa sotto e si avvicina alla coppia Aru-Landa fino a 10", ma i due trovano l'apporto di Sanchez e Zeits e in questa sfida tra un grande cronoman e una grande squadra ha la meglio il team celeste dell'Astana. Aru va, Dumoulin sprofonda, finendo addirittura sesto nella generale, lontano dal podio, a quasi 4' dal sardo.

Oggi in Piazza Cibeles a Madrid, sul gradino più alto del podio, l'Italia del pedale festeggerà Fabio Aru (con 1'17" su Purito Rodriguez e 1'29" su Majka): già terzo al Giro d'Italia 2014 e secondo al Giro d'Italia 2015, adesso il sardo può godere il suo primo successo in un Grande Giro, il primo di una carriera che è solo in fase

nascente. E come il tennis gode per la propria coppia azzurra Vinci e Pennetta, il ciclismo si coccola la propria coppia d'oro: Nibali e Aru. È proprio una bella Italia la nostra, tutta da festeggiare sulle strade del mondo.

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